Le pensioni nei Paesi Ocse

L’Italia aveva la più elevata spesa pensionistica pubblica dei Paesi dell’Ocse nel 2005, con il 14% del Pil. Nel corso della decade 1995-2005, la spesa pensionistica pubblica è aumentata del 23%; solo in Giappone, Corea, Portogallo e Turchia sono stati registrati simili (o maggiori) aumenti. Le pensioni in Italia rappresentano anche la quota maggiore del totale delle spese pubbliche tra i Paesi Ocse, quasi il 30% del bilancio rispetto a una media Ocse del 16%. «Il rischio di un tale sistema è che la spesa pensionistica pubblica spiazzi altre spese auspicabili, sia nella politica sociale (le prestazioni familiari per esempio) sia altrove (la spesa per l’ istruzione, per esempio)». Il costo del pagamento di queste pensioni è evidente in quanto le entrate derivanti dai contributi pensionistici sono in Italia le più alte di tutti i Paesi Ocse, rappresentando il 9,4% del Pil, mentre i contributi rappresentano quasi il 33% delle retribuzioni rispetto ad una media Ocse del 21%. «I cambiamenti legiferati in Italia, che avrebbero dovuto aumentare l’età pensionabile e ridurre le prestazioni previdenziali in modo da rispecchiare l’allungamento della speranza di vita, sono stati rimandati o ritardati».

Tabella 6
Tabella 6

Sono queste alcune delle osservazioni contenute nell’edizione 2009 del Rapporto sui sistemi pensionistici, pubblicato recentemente dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), secondo cui «la crisi non ha fatto altro che mettere in luce la costante necessità di riforma dei sistemi pensionistici pubblici e privati». Gli stessi meccanismi di adeguamento automatico delle pensioni attuati da molti Paesi per mettere in relazione pensioni, speranza di vita e finanze riservate ai piani di pensionamento, osserva l’Ocse, dovrebbero essere oggetto di una nuova riflessione: «L’applicazione di queste norme durante l’attuale periodo di recessione si tradurrebbe, in molti casi, in un taglio dei sussidi, in alcuni casi ai minimi termini. I governi devono valutare con attenzione se applicare dette norme, sospenderne temporaneamente l’applicazione fino alla ripresa economica o applicarle in modo selettivo, esentandone i pensionati più vulnerabili».
Il Rapporto sottolinea che il periodo 2004-2008 «è stato interessato da un’evoluzione piuttosto che da una rivoluzione». In alcuni Paesi, quali Austria, Irlanda, Norvegia e Stati Uniti, il processo di riforma attraversa una fase di stallo; in altri tale processo ha subito un rallentamento, mentre in altri ancora si è addirittura involuto: «Le modifiche legislative ai sistemi pensionistici italiani sono state, per esempio, posticipate». Secondo l’Ocse, la crisi potrebbe tradursi in cambiamenti «che non vanno nella direzione di una strategia coerente sul lungo termine, necessaria in materia di politiche previdenziali sostenibili».
La spesa previdenziale pubblica tra il 1990 e il 2005 è aumentata del 17%, più rapidamente del reddito nazionale, passando dal 6,2% al 7,2% del Pil. L’indicatore della spesa previdenziale include altresì informazioni relative alle pensioni private obbligatorie e ai benefit affini, quali assegni familiari e sussidi. La copertura delle pensioni private risulta virtualmente azzerata in circa un terzo dei Paesi dell’Ocse, tuttavia in sette Stati il 45% o più dei lavoratori è membro di fondi pensione privati su base volontaria e in altri 11 le pensioni private rappresentano un requisito legale obbligatorio. Prima della crisi, i fondi pensione equivalevano circa al 75% del reddito nazionale dell’area Ocse.

INFORMAZIONI:
http://www.oecd.org/rights

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