Stabilità economica importante, ma quella sociale?

Critiche dei sindacati europei per i tagli di spesa chiesti dalla Commissione

Negli ultimi cinque anni l’Unione europea ha cercato di resistere a livello economico e sociale ad alcuni gravi eventi internazionali, come la pandemia di Covid-19, il forte aumento dei prezzi delle materie prime, la guerra della Russia in Ucraina e i conseguenti rincari dell’energia, la crescita dell’inflazione. Ora, secondo le previsioni economiche di primavera 2024, la Commissione europea ritiene possibile per l’anno in corso una crescita del Pil dell’1% nell’Ue e dello 0,8% nella zona euro, «sulla scia di un mercato del lavoro solido e di consumi privati dinamici». Poi, nel 2025 la crescita economica dovrebbe accelerare ulteriormente fino a raggiungere l’1,6% nell’Ue e l’1,4% nella zona euro, con un’inflazione in costante discesa dal 6,4% registrato nel 2023 al 2,2% previsto per il 2025.

L’obiettivo dell’Ue nell’ambito del semestre europeo è però di costruire un’economia solida e adeguata alle esigenze future, «che garantisca competitività, resilienza e prosperità a lungo termine per tutti, mantenendo nel contempo finanze pubbliche sane, in un contesto geopolitico difficile». Per questo la Commissione ha proposto delle raccomandazioni specifiche con orientamenti destinati agli Stati membri, al fine di rispondere alle sfide che sono affrontate solo parzialmente o non affrontate affatto nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza. Raccomandazioni che riguardano le politiche di bilancio, con la richiesta di riforme strutturali nei casi in cui siano ritenute necessarie. Inoltre è richiesto agli Stati membri di proseguire o accelerare l’attuazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza e dei programmi della politica di coesione, con ulteriori raccomandazioni sulle sfide strutturali ed emergenti e una particolare attenzione al miglioramento della competitività. Nella maggior parte dei casi, osserva la Commissione, gli Stati membri fanno registrare buoni progressi nell’attuazione dei piani per la ripresa e la resilienza e dei programmi della politica di coesione, «tuttavia alcuni devono urgentemente ovviare ai ritardi che insorgono e rispondere alle sfide strutturali emergenti per attuare tempestivamente gli investimenti e le riforme dei rispettivi piani».

Disavanzi eccessivi per 7 Stati membri

Ma sono i conti pubblici a destare preoccupazione, perché la pandemia, i rincari dell’energia e le necessarie risposte politiche hanno contribuito negli ultimi anni all’aumento del debito pubblico in diversi Stati membri. Invece, «le politiche di bilancio dovrebbero collocare il debito su un percorso di riduzione o mantenerlo a livelli prudenti, preservando nel contempo gli investimenti» sostiene la Commissione, che di conseguenza ha rivolto alcune raccomandazioni specifiche affinché gli Stati membri perseguano politiche di bilancio «prudenti, garantendo che la crescita della spesa netta nel 2025 e oltre sia coerente con gli obblighi di aggiustamento di bilancio previsti dal nuovo quadro di governance».

Così, i Paesi dell’Ue con un debito pubblico superiore al 60% del Pil o un disavanzo superiore al 3% del Pil dovranno garantire che la crescita della spesa netta sia limitata a un tasso che collochi il rapporto debito pubblico/Pil su «un percorso di riduzione plausibile a medio termine, portando il disavanzo pubblico al di sotto del 3% del Pil e mantenendolo al di sotto di tale valore di riferimento nel medio periodo». Sulla base della valutazione svolta rispetto all’osservanza dei criteri del disavanzo previsti dal trattato, la Commissione ha quindi avviato procedure per i disavanzi eccessivi nei confronti di sette Stati membri: Belgio, Francia, Italia, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia.

In materia di occupazione sono invece stati proposti degli orientamenti, con cui la Commissione definisce le priorità comuni per le politiche sociali e occupazionali nazionali «al fine di renderle più eque e inclusive». Sono così stati aggiornati gli orientamenti del 2023, con l’inclusione di azioni per colmare le carenze di competenze e di manodopera e migliorare le competenze di base e digitali. Sono comprese anche le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale e la gestione algoritmica nonché il loro impatto sul mondo del lavoro. Orientamenti che fanno poi riferimento anche a recenti iniziative politiche in settori di particolare rilevanza, quali il lavoro mediante piattaforme digitali, l’economia sociale e gli alloggi a prezzi accessibili.

Sarà importante monitorare i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi dell’Ue per il 2030 e degli obiettivi nazionali che vi contribuiscono, sottolinea la Commissione, soprattutto in materia di occupazione, competenze e riduzione della povertà.

«Una ricetta per il disastro» secondo la Ces

«Costringere gli Stati membri a effettuare tagli draconiani alla spesa pubblica è una ricetta per il disastro economico, sociale e politico» ha dichiarato la segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Esther Lynch, secondo la quale «l’ossessione per la riduzione del deficit non riesce a cogliere le sfide che l’Europa si trova ad affrontare con la doppia transizione». La rappresentante dei sindacati europei ritiene invece che «ciò di cui l’Europa ha bisogno sono investimenti sociali e verdi».

Trasmettendo segretamente i piani di austerità ai governi nazionali, la Commissione europea mostra una «mancanza di trasparenza sull’approccio alla politica fiscale» che «serve solo a erodere la fiducia nel processo» osserva Lynch, sottolineando come in questo modo l’esecutivo dell’Ue agisca «contro le priorità dei cittadini europei, che sono la lotta alla povertà, la salute, la tutela dei posti di lavoro e la lotta al cambiamento climatico». Così, mentre con un debito e un deficit molto più elevati «gli Stati Uniti stanno investendo per sostenere posti di lavoro di buona qualità e decarbonizzare la propria economia, l’Europa sta tornando a ricette fallite di stretta fiscale». Secondo la segretaria generale della Ces «l’austerità è incompatibile con “un’Europa che protegge”. Sembra che dalle elezioni europee non si sia imparata alcuna lezione». Invece, ha aggiunto, «l’unico tipo di Europa che avrà il sostegno dei lavoratori è un’Europa in grado di innalzare gli standard di vita, non di distruggerli».