Il ritorno del Patto di stabilità

Proposta della Commissione europea ora al vaglio di Parlamento e Consiglio

L’Unione europea si accinge a reintrodurre le regole del Patto di stabilità economica, tanto criticate e osteggiate in passato perché causa principale delle politiche di austerità, poi sospese con la crisi pandemica. Ora la Commissione europea propone che gli Stati membri tornino a misurarsi con i due parametri fondamentali del Patto: rapporto deficit/Pil entro il 3% e rapporto debito/Pil al massimo al 60%. Situazione non semplice, dal momento che quasi la metà dei Paesi dell’Ue non li sta rispettando. L’obiettivo dell’iniziativa, dichiara la Commissione, è di «creare un quadro di governance economica adatto alle sfide future», rafforzando la sostenibilità del debito e promuovendo una crescita sostenibile e inclusiva attraverso riforme e investimenti. Secondo l’esecutivo europeo, la proposta presentata renderà «più semplice e trasparente» il quadro della governance economica e, dando maggior spazio alla titolarità nazionale delle riforme, ne rafforzerà l’applicazione. «Ora è necessario raggiungere un consenso tra gli Stati membri e il Parlamento europeo: riscoprire quell’unità di intenti che ha aiutato l’Europa a superare le immense sfide degli ultimi tre anni» ha dichiarato il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni. Mentre secondo il vicepresidente esecutivo per Un’economia al servizio delle persone, Valdis Dombrovskis, le regole di bilancio comuni dell’Ue risalenti agli anni Novanta vanno aggiornate per rispondere alle nuove sfide e priorità economiche: «Stiamo semplificando il corpus di norme per garantire la sostenibilità del debito pubblico attraverso un aggiustamento di bilancio graduale e realistico e per sostenere una crescita sostenibile e inclusiva. A seguito di un’ampia consultazione abbiamo raggiunto un attento equilibrio, offrendo ai Paesi più flessibilità e titolarità per i loro obiettivi di bilancio a medio termine e introducendo nel contempo misure di garanzia per assicurare la trasparenza e la parità di trattamento. Parallelamente stiamo rafforzando l’applicazione delle norme in modo che i Paesi rispettino i loro impegni. Ecco come l’Ue potrà ridurre il debito pubblico, mantenerlo a livelli sostenibili, garantire finanze pubbliche sane e costruire una base solida per la nostra prosperità futura».

Piani nazionali su politica di bilancio, riforme e investimenti

La proposta della Commissione è giunta dopo discussioni approfondite con gli Stati membri, che hanno portato ad un consenso su alcuni elementi degli orientamenti di riforma adottati dal Consiglio dell’Ue il 14 marzo scorso e poi approvati dal Consiglio europeo il 23 marzo. Ora la proposta dovrà passare al vaglio del Parlamento europeo, con l’obiettivo dell’Ue di chiudere i lavori legislativi entro l’anno in corso.

La convergenza tra Commissione e Consiglio sul Patto di stabilità riformato riguarda alcuni ambiti. Su tutti il fatto che i valori di riferimento del Trattato, pari a un disavanzo del 3% del Pil e a un debito del 60% del Pil, dovrebbero rimanere invariati. Agli Stati membri sarà chiesto di presentare dei Piani strutturali nazionali a medio termine riguardanti la politica di bilancio, le riforme e gli investimenti; tali piani dovranno essere coerenti con la linea tecnica indicata dalla Commissione, che mira a garantire uno sforzo di bilancio per la discesa del debito verso «livelli prudenti», preservando allo stesso tempo la sostenibilità delle finanze pubbliche e promuovendo le riforme e gli investimenti pubblici. La durata dei Piani strutturali di bilancio a medio termine potrebbe essere prorogata se uno Stato membro si impegna a realizzare una serie ammissibile di riforme e investimenti. La procedura per i disavanzi eccessivi e gli squilibri macroeconomici è considerata «centrale al fine di individuare, prevenire e correggere gli squilibri», ma dovrebbe diventare più lungimirante in quanto focalizzata maggiormente sugli squilibri emergenti e basata di più sulle previsioni. Saranno mantenute una clausola di salvaguardia generale e clausole specifiche per Paese, che consentiranno deviazioni dagli obiettivi di spesa in caso di grave recessione economica nell’Ue, oppure di circostanze eccezionali al di fuori del controllo dello Stato membro che abbiano un forte impatto sulle finanze pubbliche.

Sindacati europei: «Si rischia il ritorno all’austerità»

La riforma delle regole economiche dell’Ue proposta dalla Commissione europea «consentirà il ritorno dell’austerità e impedirà l’azione per il clima, a meno che non vengano apportate modifiche da qui a dicembre» avverte la Confederazione europea dei sindacati (Ces). La sospensione delle norme che limitano disavanzo e debito, introdotta nel 2020 per fronteggiare le conseguenze economiche della pandemia, terminerà nel 2024, il che significa che dal prossimo anno qualsiasi Stato membro con un deficit superiore al 3% dovrà effettuare un aggiustamento fiscale minimo dello 0,5% del Pil all’anno, osserva la Ces, secondo cui ciò comporterà scelte obbligate sui tagli alla spesa che riporterebbero l’Ue alla tanto criticata austerità. Con le nuove regole inoltre, affermano i sindacati europei, gli Stati membri non potranno raggiungere gli obiettivi dell’Ue sugli investimenti nell’economia verde e digitale per posti di lavoro più numerosi e di migliore qualità.

«Il rischio di un ritorno all’austerità oggi è aumentato. La maggior parte degli Stati membri potrebbe essere costretta a effettuare sostanziali tagli alla spesa a partire dal prossimo anno per soddisfare le nuove regole sul debito e sul disavanzo. Ciò significherebbe meno posti di lavoro, salari più bassi, meno servizi pubblici e maggiore povertà» sostiene la segretaria generale della Ces, Esther Lynch, secondo la quale «queste proposte sono ben lungi dal cambiamento necessario per far funzionare l’economia europea per le persone. Fondamentalmente, l’Europa avrà regole che rischiano di dare priorità ai tagli e all’austerità piuttosto che agli investimenti e alla crescita».

La Ces chiede dunque delle modifiche che evitino la reintroduzione delle misure di austerità, nonché l’introduzione di una «regola d’oro degli investimenti pubblici», garantendo al contempo un livello adeguato di spesa corrente, che assicurerebbe che gli investimenti pubblici netti siano esclusi dalle regole di pareggio di bilancio.