Inserto n. 39:
La politica europea per l’occupazione

Pur essendo di competenza degli Stati membri, la politica dell’occupazione rappresenta ormai una questione di interesse comune a livello europeo. Fin dagli anni Novanta, infatti, di fronte al relativo fallimento delle politiche realizzate dagli Stati membri in materia di occupazione, l’Unione europea decise di munirsi di una vera e propria strategia a favore dell’occupazione in Europa. Con la scrittura del Trattato di Amsterdam, gli Stati dell’Ue riconobbero che l’occupazione doveva essere considerata una questione di interesse comune e, adottando un nuovo titolo specifico sulla materia, fissarono l’obiettivo di un elevato livello di occupazione rafforzando la cooperazione tra Stati membri e prevedendo linee direttrici comuni. Da quel momento, dunque, l’Ue dispone di uno strumento giuridico che permette di coordinare le politiche nazionali sull’occupazione all’interno di una strategia comune. Una strategia ideata anche per fornire un sostegno alle azioni degli Stati membri e, in caso di necessità, completarle. Inoltre, l’occupazione è divenuta parte dell’insieme delle politiche comunitarie, cioè deve essere tenuta in considerazione all’interno di ogni azione intrapresa dall’Unione europea. Numerose sono le politiche che contribuiscono di fatto allo sviluppo dell’occupazione, tra queste: la politica per l’istruzione e la formazione, le politiche regionali, la politica di ricerca e di sviluppo tecnologico, la politica di supporto all’utilizzo delle nuove tecnologie della società dell’informazione, la mobilità dei lavoratori.
Nel 2000, poi, il Consiglio europeo di Lisbona ha definito meglio la strategia europea per l’occupazione, fissando anche alcuni obiettivi ambiziosi da raggiungere in 10 anni, quali un tasso di occupazione comunitario del 70%, un tasso di occupazione femminile del 60% e uno per la fascia d’età 55-64 anni del 50%. Obiettivi che, dopo oltre 5 anni, sono ancora piuttosto lontani.

un parziale fallimento


Il bilancio di metà percorso della Strategia di Lisbona, tracciato nella primavera 2005 dalle istituzioni europee, ha denunciato infatti risultati piuttosto limitati: le prestazioni previste per l’economia europea in materia di crescita, di produttività e di occupazione non sono state raggiunte; la creazione di posti di lavoro ha subito un rallentamento; restano insufficienti gli investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo. La valutazione della Commissione europea sui progressi compiuti nell’ambito della strategia è molto critica: assenza di azione politica risoluta e incapacità di ultimare il mercato interno dei beni e di creare quello dei servizi; agenda eccessivamente nutrita; coordinamento mediocre e priorità inconciliabili.
Così, il Consiglio europeo della primavera 2005 considerava indispensabile rilanciare «senza indugi» la Strategia di Lisbona e procedere a un «riorientamento delle priorità» verso la crescita e l’occupazione. L’Europa, scrivevano i capi di Stato e di governo dell’Ue nel documento finale del Vertice, deve «rinnovare le basi della sua competitività, aumentare il suo potenziale di crescita e la sua produttività e rafforzare la coesione sociale, puntando principalmente sulla conoscenza, l’innovazione e la valorizzazione del capitale umano». Obiettivi raggiungibili solo con una mobilitazione di tutti i mezzi nazionali e comunitari a disposizione nelle dimensioni economica, sociale e ambientale della strategia, «per utilizzarne meglio le sinergie in un contesto generale di sviluppo sostenibile». La Commissione ha quindi proposto un processo di coordinamento semplificato, accompagnato da una concentrazione degli sforzi sui Piani di azione nazionali (PAN). Anziché insistere sugli obiettivi in cifre da raggiungere, l’esecutivo europeo ha così deciso di concentrare l’attenzione sulle azioni necessarie.

proposte per il rilancio

Le istituzioni europee puntano innanzitutto a stimolare la crescita, cioè rendere l’Ue «più attraente» per investitori e lavoratori sviluppando il mercato interno, migliorando le normative nazionali, garantendo mercati aperti e competitivi e migliorando le infrastrutture europee. Inoltre considerano fondamentale incoraggiare la conoscenza e l’innovazione, migliorando gli investimenti in ricerca e sviluppo e facilitando l’adozione delle nuove tecnologie e «l’utilizzazione sostenibile delle risorse». Per creare più posti di lavoro e di migliore qualità, la Commissione ha proposto una triplice azione: attirare un maggior numero di persone sul mercato del lavoro, incentivando i lavoratori a rimanere attivi più a lungo, e modernizzare i sistemi di previdenza sociale; migliorare la «capacità di adattamento» dei lavoratori e delle imprese e aumentare la flessibilità per meglio «adattarsi alle ristrutturazioni e all’evoluzione dei mercati»; investire nel capitale umano tramite il miglioramento dell’istruzione e della formazione durante l’intero arco della vita. È proposta poi una razionalizzazione al fine di migliorare la governance, attraverso una suddivisione più trasparente ed efficace delle responsabilità a tutti i livelli.

critiche dei sindacati

Molti dubbi sulle proposte della Commissione per il rilancio della strategia europea di crescita e occupazione sono stati espressi nell’ultimi anno dai sindacati europei. Secondo la Confederazione europea dei sindacati (Ces), infatti, la revisione al ribasso degli obiettivi economici non dà l’idea che l’Ue intenda perseguire veramente una politica economica ambiziosa, mentre non è mai stata svolta un’analisi dettagliata su cosa non ha funzionato e perché. La Ces considera inoltre grave il fatto che la Commissione non difenda più il concetto secondo cui crescita e competitività sostenibili sono fortemente vincolate alle politiche sociali e a un’organizzazione del mercato del lavoro che escluda soluzioni «al ribasso». Delegare poi agli Stati membri le maggiori responsabilità sul successo o sul fallimento della strategia riduce il ruolo di «gestione e di appoggio critico» che la Commissione dovrebbe svolgere.
Rendendo nota, il 25 gennaio scorso, la relazione sui progressi del primo anno di rilancio della Strategia di Lisbona, la Commissione europea ha espresso soddisfazione per «il nuovo grado di impegno» degli Stati membri, esortando però un «cambio di marcia» per passare «dalle parole ai fatti». In attesa delle valutazioni che sulla situazione occupazionale europea farà il prossimo Consiglio europeo di primavera, in questo inserto di “euronote” forniamo un sintetico riepilogo della politica europea per l’occupazione e alcune indicazioni statistiche.


la strategia europea


La Strategia europea per l’occupazione (SEO) si fonda sul metodo aperto di coordinamento, definito dagli articoli 125 e 128 del Trattato istitutivo della Comunità europea. Tale metodo garantisce la definizione degli obiettivi globali per l’Ue, la realizzazione di indicatori e di statistiche che possano essere paragonate le une alle altre negli Stati membri, il follow-up periodico e la valutazione dei progressi fatti, nonché lo scambio di buone pratiche tra Stati membri. Questo metodo prevede anche che gli Stati membri dell’Ue implementino gli orientamenti fondamentali di politica economica. Si tratta di priorità di politica economica e sociale dell’Unione europea, definite dal Consiglio europeo di primavera, che riunisce i capi di Stato e di governo, sulla base di un bilancio economico annuale pubblicato dalla Commissione.

origine della strategia


La realizzazione della SEO, negli anni Novanta, è la risposta alla constatazione del relativo fallimento delle politiche per l’occupazione realizzate fino a quel momento dagli Stati membri. In tal modo, se l’Europa dispone di un sistema di aiuto in caso di disoccupazione che si presenta globalmente efficace (la “rete di sicurezza” in una situazione di perdita di reddito in caso di disoccupazione), il mancato adattamento alle evoluzioni del mercato del lavoro ha generato carenze per quanto riguarda il trattamento preventivo della disoccupazione: individuazione insufficiente di settori di occupazione non sfruttati, parziale integrazione delle nuove tecnologie dell’informazione in materia di organizzazione del lavoro, sviluppo limitato delle competenze (formazione continua) nel corso della vita ecc.
Alternatasi, tra gli altri, con il Libro bianco di Jacques Delors del 1993, questa situazione ha condotto l’Ue alla realizzazione progressiva di una strategia globale di modernizzazione delle politiche dell’occupazione, delle risorse umane e della formazione. Il Consiglio europeo di Amsterdam, nel 1997, ha rappresentato un punto di svolta per le politiche dell’occupazione all’interno dell’Ue. Con l’adozione di un nuovo titolo relativo all’occupazione, i capi di Stato e di governo hanno riconosciuto che l’occupazione doveva essere considerata come una questione di interesse comune. Il Trattato adottato in occasione di questo Consiglio ha sensibilmente rafforzato la cooperazione delle politiche nazionali dell’occupazione, prevedendo inoltre la definizione di linee direttrici comuni.
Il Vertice sull’occupazione tenutosi in Lussemburgo, poco tempo dopo, è stato caratterizzato dalla volontà politica di definire una strategia globale per l’occupazione, nonché di aderirvi. Ciò presupponeva una riforma profonda del mercato del lavoro sulla base di un certo numero di priorità su cui si era convenuto, indicate nelle linee direttrici della politica per l’occupazione di ogni Stato membro. I capi di Stato e di governo riuniti a Lisbona (2000), e successivamente il Consiglio europeo di Stoccolma (2001), hanno fissato alcuni obiettivi europei ambiziosi per raggiungere una situazione di piena occupazione. Nel 2010, il tasso di occupazione globale comunitario dovrà aver raggiunto il 70%, il tasso di occupazione femminile il 60% e il tasso di occupazione della fascia d’età tra i 55 e i 64 anni il 50%.

tre obiettivi di sostegno all’occupazione


L’Unione europea si appoggia alle collettività regionali e locali, nonché alle parti sociali e alla società civile, e sostiene le iniziative di sviluppo locale. Al fine di prevenire la disoccupazione e di realizzare azioni di stimolo dell’occupazione, l’Ue si è data tre obiettivi generali: la piena occupazione, la qualità e la produttività del lavoro, nonché la coesione sociale e l’inserimento. Gli Stati membri devono integrare, per ogni priorità, la dimensione uomo-donna.

• La piena occupazione: tra il 2005 e il 2010, l’Unione europea si è data come obiettivo il raggiungimento di:
- un tasso di occupazione globale del 67% nel 2005 e del 70% nel 2010;
- un tasso di occupazione femminile del 57% nel 2005 e del 60% nel 2010;
- un tasso di occupazione dei lavoratori anziani (da 55 a 64 anni) del 50% nel 2010.

• Qualità e produttività del lavoro: l’obiettivo è rafforzare il dialogo sociale per migliorare la «qualità intrinseca» del lavoro e i parametri a questa collegati:
- qualifiche, istruzione e formazione permanente
- avanzamento di carriera
- parità tra uomini e donne
- salute e sicurezza sul luogo di lavoro
- flessibilità e sicurezza
- inserimento ed accesso al mercato del lavoro
- organizzazione del lavoro ed equilibrio tra la vita professionale e la vita privata
- dialogo sociale e partecipazione dei lavoratori
- diversità e non-discriminazione
- performance economiche dell’occupazione.

• Coesione sociale e inserimento: l’obiettivo è promuovere un accesso all’occupazione di qualità per tutti coloro che sono abili al lavoro, combattendo, al tempo stesso, la disoccupazione sul mercato del lavoro. Per promuovere la coesione economica e sociale, l’Ue si prefigge di:
- ridurre le disparità regionali in termini di occupazione e di disoccupazione;
- affrontare i problemi, relativi all’occupazione, che colpiscono le zone più in difficoltà dell’Unione europea;
- sostenere in modo positivo la riconversione economica e sociale.

linee direttrici per gli Stati membri


Per realizzare in modo adeguato questi tre obiettivi generali, ai governi degli Stati membri dell’Ue è richiesto di seguire 10 linee direttrici specifiche:
- misure attive e preventive a favore dei disoccupati e di coloro non attivi lavorativamente;
- creazione di occupazione e spirito d’impresa;
- promozione della capacità di adattamento al lavoro e alla mobilità;
- promozione dello sviluppo del capitale umano, nonché dell’istruzione e della formazione permanente;
- aumento dell’offerta di manodopera e promozione dell’invecchiamento attivo;
- parità tra uomini e donne;
- promozione dell’integrazione delle persone sfavorite sul mercato del lavoro e lotta alla discriminazione cui queste stesse persone sono soggette;
- incitazione all’occupazione tramite un trattamento finanziario più attraente;
- trasformazione del lavoro nero in lavoro regolare;
- diminuzione delle disparità regionali in materia di occupazione.

ciclo annuale di pianificazione


A seguito del Consiglio europeo di Barcellona (2002), la Commissione ha adottato una comunicazione relativa alla razionalizzazione dei cicli annuali di coordinamento delle politiche economiche e dell’occupazione (settembre 2002). L’idea principale è la riorganizzazione dei processi europei di coordinamento in relazione alle fasi chiave, al fine di rendere queste stesse fasi più intelligibili e trasparenti, rafforzandone al tempo stesso la visibilità. In conformità con la strategia globale di Lisbona, tutto ciò dovrebbe anche rafforzare l’accento posto sul medio termine, nonché migliorare la coerenza delle politiche. Tale adattamento dei processi dovrebbe rafforzare il ruolo del Consiglio europeo di primavera per ciò che riguarda la conduzione della strategia d’insieme dell’Ue. La strategia europea per l’occupazione si fonda su un processo annuale di pianificazione e riaggiustamento:
• A gennaio, il Consiglio dell’Ue elabora, dopo consultazione del Parlamento europeo, un progetto annuale di realizzazione degli obiettivi per l’occupazione. Tale progetto si fonda sul pacchetto «implementazione» della Commissione europea, composto da una relazione sull’implementazione dei grandi orientamenti della politica economica (GOPE), da un progetto di relazione congiunta sull’occupazione e da un rapporto sulla realizzazione della strategia per il mercato interno. Il progetto annuale tiene anche conto di una relazione di sintesi della Commissione europea che affronta le questioni economiche e sociali.
• In primavera, il Consiglio europeo studia la relazione di sintesi che affronta le questioni economiche e sociali e fornisce degli orientamenti generali in materia. La Commissione europea definisce, a questo punto, le proprie proposte di azione futura nei vari settori in seno al pacchetto «linee direttrici» composto dai GOPE, dalle linee direttrici per l’occupazione (LD) e dalle raccomandazioni relative all’occupazione. Tali linee direttrici sono esaminate dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Ue.
• In giugno, il Consiglio europeo elabora le conclusioni e il Consiglio dell’Ue adotta i GOPE, le LD e le raccomandazioni per l’occupazione.
• Gli Stati membri elaborano successivamente dei piani nazionali per l’occupazione, che adattano le linee direttrici europee al contesto nazionale.
• Tali piani nazionali sono studiati sulla base di una procedura di valutazione comune, dal Consiglio dell’Ue e dalla Commissione europea, e sono sottoposti al Comitato per l’occupazione che riunisce due rappresentanti di ogni Stato membro e della Commissione europea. É possibile inviare delle raccomandazioni agli Stati membri.
• Il Consiglio dell’Ue e la Commissione procedono alla redazione di una relazione congiunta, trasmessa al Consiglio europeo di dicembre, che permette l’elaborazione di nuove linee direttrici per l’anno successivo.
D’altro canto, il Comitato per l’occupazione mantiene contatti regolari con il Comitato permanente per l’occupazione, composto dalle parti sociali, nel quadro del dialogo sociale.

elementi di valutazione

Oggi, il processo di coordinamento delle politiche dell’occupazione è messo a punto in modo piuttosto dettagliato. In un primo tempo, si sarebbe potuto temere che la SEO potesse limitarsi a essere uno strumento puramente burocratico senza alcuna ambizione politica. Il Vertice di Lisbona (marzo 2000) ha smentito questo timore fissando per l’Ue una serie di obiettivi economici e sociali molto ambiziosi. Ma, al tempo stesso, si è passati da obiettivi sociali, come la lotta alla disoccupazione, ad obiettivi economici e finanziari. La «lotta contro la disoccupazione» è così divenuta la «lotta per il tasso d’occupazione», che è strettamente legata alla questione del finanziamento dei sistemi di previdenza sociale (sfida demografica), alla stabilità delle finanze pubbliche, all’aumento del potenziale di crescita economica dell’Unione europea (manodopera qualificata ed emersione della questione dell’immigrazione economica). Sorprendentemente, non sono più i bassi tassi di disoccupazione statunitensi a fungere da riferimento (come succedeva fino a qualche anno fa) ma le buone performance in termini di tasso di occupazione.
Il Consiglio europeo di Stoccolma (marzo 2001) ha aggiunto due obiettivi intermedi e un obiettivo supplementare: il tasso di occupazione globale e il tasso di occupazione femminile devono raggiungere rispettivamente il 67% e il 57% nel 2005, mentre il tasso di occupazione dei lavoratori anziani deve raggiungere il 50% entro il 2010. Il Consiglio europeo di Barcellona (marzo 2002) ha confermato che la piena occupazione era un obiettivo fondamentale dell’Unione europea e ha richiesto un rafforzamento della strategia per l’occupazione, in quanto strumento della Strategia di Lisbona, all’interno di un’Unione allargata.
La SEO è stata rivista nel 2005 al fine di migliorare, da un lato, il coordinamento tra gli Stati membri e le istituzioni europee e, dall’altro, il coordinamento della politica dell’occupazione con le politiche macroeconomiche e microeconomiche dell’Ue. Questa nuova SEO copre il periodo compreso tra il 2005 e il 2008.

La spiegazione, pubblicata in queste pagine, di come è strutturata la strategia europea per l’occupazione è stata realizzata dall’Osservatorio sociale europeo (OSE) con sede a Bruxelles.
INFORMAZIONI: Osservatorio sociale europeo, rue Paul Emile Janson 13 - 1050 Bruxelles; tel. +3202/5371971 - fax: +3202/5392808 - E-mail: info@ose.be - sito web: http://www.ose.be



* dati relativi al settembre 2005 | Fonte: eurostat, gennaio 2006;


* European Economic Area: include i 25 Stati membri dell’UE, Islanda e Norvegia, mentre non sono disponibili dati sul Liechtenstein
Fonte: eurostat, settembre 2005; la rilevazione si riferisce ai dati di fine 2004



Fonte: eurostat, aprile 2005; la rilevazione si riferisce ai dati di fine 2003

 

qualità dell’occupazione


La nozione di qualità dell’occupazione ha fatto ingresso sulla scena istituzionale europea in occasione del Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000. Durante quel Vertice europeo, infatti, è stata elaborata una politica dell’occupazione che andava al di là delle questioni di protezione sociale, di sanità, di salute e di sicurezza, nonché di eguaglianza, che avevano modellato questa politica per più di quattro decenni, dalla creazione del capitolo sociale nel 1961. L’Agenda sociale del giugno 2000 ha sottolineato, inoltre, la necessità di estendere il concetto di qualità all’insieme dell’economia e della società, compresa la qualità della politica sociale e delle relazioni industriali. Dal Consiglio europeo di Stoccolma del 2001 in poi, la qualità dell’occupazione ha rappresentato un obiettivo orizzontale generale, facente parte delle linee direttrici per l’occupazione. Vari indicatori della qualità dell’occupazione sono stati adottati in occasione del Consiglio europeo di Laeken del dicembre 2001: lo scopo era di valutare la qualità dell’occupazione in Europa e sorvegliare la sua evoluzione nel tempo.

dieci dimensioni della qualità


Nella comunicazione “Politiche sociali e dell’occupazione: un quadro per investire nella qualità”, la Commissione europea ha identificato dieci dimensioni relative alla qualità dell’occupazione:

- il significato stesso dell’occupazione e le qualifiche richieste;
- il profilo del lavoratore;
- il suo accesso al mercato del lavoro e la sua integrazione nel mercato stesso;
- le sue competenze e l’evoluzione della sua carriera;
- la soddisfazione soggettiva che l’occupazione produce nel lavoratore;
- gli obiettivi e le pratiche del datore di lavoro;
- l’ambiente di lavoro e, più in particolare, la salute e la sicurezza sul posto di lavoro;
- la parità tra uomini e donne;
- l’assenza di discriminazione;
- gli orientamenti e le priorità della politica dell’occupazione e della politica sociale.
analisi e monitoraggio

L’analisi permanente dell’occupazione, cui si dedica la Commissione europea, copre tutte le dimensioni menzionate, relative alla qualità dell’occupazione. La relazione “L’occupazione in Europa 2002” analizzava, in modo approfondito, i legami tra la qualità dell’occupazione e le dinamiche del mercato del lavoro. Tale relazione concludeva affermando l’esistenza di importanti sinergie tra la qualità dell’occupazione, la produttività e le performance professionali generali. Il miglioramento della qualità dell’occupazione è importante non solo per il benessere dei lavoratori, ma anche per la promozione dell’inclusione sociale e la crescita dei tassi di occupazione.
Nella comunicazione “Miglioramento della qualità dell’occupazione: un esame degli ultimi progressi fatti”, la Commissione europea analizza le misure prese per migliorare la qualità dell’occupazione, conformemente alla richiesta formulata dal Consiglio europeo riunito a Bruxelles nella primavera 2003, e sottolinea la necessità di applicare alcune misure per rafforzare questa dimensione, sottolineando altresì le differenti prestazioni in materia degli Stati membri.


aiuti finanziari, reti e informazioni

Fondo sociale europeo

Creato nel 1958 per lottare contro la disoccupazione, il Fondo sociale europeo (FSE) è lo strumento finanziario dell’Unione europea che ha come obiettivo il miglioramento delle qualifiche della manodopera, nonché una rivitalizzazione dello spirito di impresa. Il FSE è uno dei quattro fondi strutturali dell’Ue, gli altri tre sono il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo europeo d’orientamento e di garanzia agricola (FEOGA) e lo Strumento finanziario di orientamento per la pesca (SFOP). Il FSE è il principale strumento per la realizzazione della strategia europea per l’occupazione e permette il finanziamento di azioni che mirano a: lottare contro la disoccupazione, in particolare la disoccupazione di lunga durata, e a favorire l’inserimento professionale, migliorando la formazione e incoraggiando la formazione permanente e continua; promuovere la presenza di una manodopera competente e innovativa; permettere l’accesso delle donne al mercato del lavoro nei settori delle scienze e della ricerca.
Il FSE finanzia anche l’iniziativa comunitaria Equal, che sostiene la cooperazione transnazionale in materia di lotta contro le discriminazioni e le ineguaglianze sul mercato del lavoro.

politica regionale europea

La politica regionale dell’Unione europea cerca di ridurre le differenze di sviluppo tra le regioni. Si appoggia al principio di solidarietà e favorisce la coesione economica e sociale tra gli Stati membri. L’aiuto dell’Ue è unicamente a complemento degli aiuti nazionali, regionali e locali.
Gli obiettivi chiave della politica regionale dell’Ue sono: il miglioramento della competitività regionale; il sostegno della creazione di occupazione; l’equilibrio nello sviluppo delle zone urbane e rurali. In tal modo, il sostegno dell’Ue si indirizza, da un lato, alle regioni sfavorite oppure in ritardo per ciò che riguarda lo sviluppo, alle zone in riconversione economica e sociale, agli spazi e alle reti di cooperazione e alle regioni dei Paesi candidati; dall’altro, alle persone in difficoltà all’interno del mercato del lavoro.

banca europea per gli investimenti


Creata dal Trattato di Roma del 1957, la Banca europea per gli investimenti (BEI), con sede a Lussemburgo, è l’istituzione finanziaria dell’Unione europea. Essa accorda finanziamenti bancari (prestiti e garanzie) per progetti (pubblici, privati oppure risultanti da un partenariato pubblico/privato) che contribuiscono alla concretizzazione della realizzazione degli obiettivi economici e sociali dell’Ue.
Le risorse sono raccolte con prestiti sui mercati di capitale e tali somme sono prestate, senza scopo di lucro, alle migliori condizioni possibili in termini di tassi, durata e tecnica finanziaria.

Fondo europeo d’investimento

Creato nel 1994, il Fondo europeo d’investimento (FEI) ha come obiettivo il sostegno della crescita economica e la riduzione della disoccupazione nell’Unione europea. Si tratta di un’istituzione finanziaria che facilita la mobilitazione dei capitali di rischio e concede garanzie di prestito alle banche e alle istituzioni finanziarie che investono a medio e lungo termine in progetti infrastrutturali e nello sviluppo delle Piccole e medie imprese (PMI). Dispone inoltre di fondi propri e di risorse di capitale di rischio della BEI, oppure dei mezzi di bilancio dell’Ue nel quadro del Programma pluriennale per le imprese e lo spirito di impresa (2001-2005). L’obiettivo del Fondo consiste nell’attirare sempre maggiori capitali privati per il finanziamento delle infrastrutture e migliorare il flusso di risorse finanziarie per le PMI.

Gruppo BEI


Dal 2000, la BEI costituisce insieme al FEI il “Gruppo BEI”. Il FEI è la filiale della BEI specializzata nel miglioramento delle condizioni finanziarie delle PMI, grazie all’apporto di fondi propri ai fondi di capitale-rischio e agli accordi di garanzia o di nuovo aumento dei crediti alle banche che finanziano le PMI.
Questi due organismi concedono prestiti e garanzie per il sostegno dell’innovazione tecnologica (ricerca primaria e applicata), per l’accesso e la diffusione delle nuove tecnologie nella comunicazione (reti, apprendimento, industria dell’audiovisivo ecc.), per lo sviluppo delle PMI più innovatrici e fortemente creatrici di occupazione, oppure utilizzatrici delle nuove tecnologie, in particolare tramite l’iniziativa “Innovazione 2010” realizzata dal Gruppo BEI al fine di sostenere la Strategia di Lisbona, ed infine per i settori a forte presenza di manodopera.

rete EURES


La mobilità dei cittadini rappresenta una delle priorità della politica europea per l’occupazione. Per questo motivo la Commissione europea ha creato, nel 1994, la rete EURES, basata su professionisti dell’occupazione (consiglieri EURES), con lo scopo di favorire la creazione di un vero e proprio mercato europeo del lavoro. Questa rete aiuta i candidati, per ciò che riguarda la mobilità professionale, nella ricerca di un impiego in un altro Paese europeo e aiuta le imprese ad ampliare la gamma di assunzione al di là delle frontiere. I consiglieri EURES si trovano in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, in Islanda e in Norvegia.
Grazie alla loro conoscenza del mercato del lavoro, essi consigliano chi sta cercando un impiego su varie materie: tipologia di lavoro, diploma ed esperienza richiesta, conoscenze linguistiche necessarie, pratiche di assunzione. Possono anche fornire informazioni relative al mercato del lavoro e alle condizioni di vita: informazioni generali sull’espatrio, formalità, indirizzi utili; condizioni di vita e di lavoro in altri Paesi (legislazione, retribuzioni, durata dell’orario, formazione, riconoscimento dei titoli di studio, tasse, costo della vita, sanità, istruzione, protezione sociale della maternità); mercato dell’occupazione regionale (popolazione, tasso di disoccupazione, attrattiva economica di una regione).

fonti di informazione


Gli strumenti che forniscono all’Unione europea tutte le osservazioni relative all’occupazione sono: il sistema di informazione reciproca relativo alle politiche dell’occupazione degli Stati membri (MISEP); il sistema comunitario di documentazione (SYSDEM), che analizza e diffonde le informazioni sull’occupazione; la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che fornisce gli studi relativi all’organizzazione del lavoro e alla situazione di vita dei cittadini.


Fonte: Commissione europea, Employment in Europe Report 2005, su dati eurostat


Fonte: eurostat, ottobre 2005; la rilevazione si riferisce ai dati di fine 2004

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