LA POLITICA SOCIALE NELL'UNIONE EUROPEA

Molti anni sono stati necessari per l'avvio di un'autentica politica sociale europea. Da sempre competenza degli Stati membri, la decisione di intervenire a livello europeo per il miglioramento della parità di opportunità, della tutela sociale minima, delle condizioni di vita e di lavoro dei cittadini e della promozione dell'occupazione è stato oggetto di non poche tensioni tra gli attori istituzionali europei.

Se ne discusse già in occasione delle trattative per la fondazione della Comunità economica europea, a Roma nel 1957, in seguito alle quali la politica sociale europea fu intesa come politica "di complemento": le maggiori preoccupazioni in quel frangente erano di ordine economico e le disposizioni a livello sociale dovevano non alterare le condizioni di concorrenza all'interno del mercato comune. Il Trattato di Roma fissò solamente alcune disposizioni minime d'igiene e sicurezza del lavoro e di parità di trattamento fra uomini e donne. Le istituzioni europee ottennero poteri limitati, giacché nessuno degli Stati membri era disposto a cedere la propria competenza in un settore così delicato e costoso.

Così, nel corso dei primi anni di vita della Ce non si può dire che la politica sociale abbia rivestito un interesse prioritario per i sei Stati fondatori, tranne che in un settore molto circoscritto in cui si è praticata una vera attività sociale a livello comunitario: il coordinamento della previdenza a favore dei lavoratori migranti che esercitavano il diritto, sancito dal trattato, della libertà di circolazione.

Poi, con il passare degli anni questa situazione si andò lentamente sbloccando.

L'evoluzione cominciò all'inizio degli anni '70, quando la Commissione, dopo il vertice di Parigi (1972) dei capi di Stato e di governo, propose l'attuazione del primo piano d'azione sociale1, comprendente iniziative nei settori della legislazione del lavoro, della parità di condizioni, dell'igiene e sicurezza del lavoro e del potenziamento del Fondo sociale europeo.2

Negli anni '80 la "dimensione sociale" in Europa andò acquistando un'importanza crescente e, per evitare che le disposizioni comunitarie fossero pretesto per un allentamento di alcune normative nazionali, con l'adozione dell'Atto unico nel 1987 si modificarono, dopo trent'anni, alcuni elementi del trattato. Fu introdotto il principio secondo il quale l'unificazione doveva farsi al più alto livello di tutela della salute dei lavoratori e, nel caso in cui una norma comunitaria avesse portato ad un indebolimento delle garanzie nazionali in materia, lo Stato membro era dispensato dalla sua applicazione. Fu data nuova sostanza al funzionamento dei Fondi strutturali3 e avviato un dialogo fra le parti sociali che fosse in grado di contribuire alla regolazione sociale nella Comunità per le materie di pertinenza per la parti sociali4.

Al varo del programma per la realizzazione del mercato unico, seguì, a breve distanza, un'intesa sull'esigenza di potenziare la qualità della legislazione sociale. Nell'ottobre del 1989, undici5 capi di Stato e di governo europei vararono la "Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori", che rappresenta una dichiarazione politica di intenti (vedi scheda).

Nel 1992, gli 11 governi che avevano approvato la Carta sociale decisero di annettere al Trattato di Maastricht un "Protocollo sociale" al fine di consolidare nel Trattato le iniziative di politica sociale (vedi scheda).

sviluppi e consolidamento della politica sociale

Nell'aprile 1995 la Commissione presentò il terzo programma d'azione a breve termine (1995-1997). Esso ruotava attorno a tre principi fondamentali: la politica sociale costituisce il perno dell'integrazione europea; la portata dell'evoluzione socioeconomica in corso postula una visione europea dinamica e flessibile; la politica sociale ed economica richiede un'armonizzazione più spinta.

I punti chiave del programma erano: utilizzare più efficacemente il Fondo sociale europeo per promuovere l'occupazione; promuovere la formazione generale e professionale; agevolare la libertà di circolazione all'interno dell'Unione (per esempio procedendo a una revisione delle direttive sul riconoscimento dei diplomi o sul trasferimento dei diritti a pensione); creare una griglia di prescrizioni minime in tutti i campi della politica sociale; favorire, con opportune normative, la compatibilità tra lavoro e famiglia e il lavoro a tempo parziale; dare attuazione al principio della parità di opportunità in tutti i settori della politica sociale; aiutare le persone povere, disabili e anziane; varare azioni comuni per combattere il razzismo e la xenofobia nella società; approfondire il dialogo sociale; intensificare la cooperazione con le organizzazioni non governative; analizzare le ripercussioni sociali della nascente società dell'informazione.

Nel 1996, la necessità di rispondere più adeguatamente alle aspettative del cittadino spinse ad inserire nel trattato una serie di diritti sociali di base, con una validità giuridica per tutti i cittadini europei, e non solo per i lavoratori, come previsto dalla Carta sociale del 1989.

A partire dal marzo 1996 sino al giugno del 1997 una Conferenza intergovernativa (Cig)6 ha valutato l'efficacia e l'adeguatezza del Trattato di Maastricht e lo ha aggiornato con il Trattato di Amsterdam.

Una delle maggiori sfide di fronte alla quale si è vista confrontata l'Ue nel corso dei lavori della Cig è stato l'impatto della globalizzazione economica sull'occupazione, la competitività e la creazione di posti di lavoro.

il nuovo Trattato
e il problema occupazionale

Con il Trattato di Amsterdam (giugno 1997) i Quindici7 si sono impegnati a rafforzare l'azione sociale dell'Unione individuando nell'occupazione un impegno prioritario.8

Se è vero che la competenza in tale materia deve restare essenzialmente al livello del singolo Stato membro, è anche vero che il problema dell'occupazione sarà anche affrontato a livello europeo, a sostegno dell'azione intrapresa a livello nazionale.

Il nuovo trattato stabilisce un processo di coordinamento per le politiche dell'occupazione a livello comunitario, comportante l'adozione di orientamenti per l'occupazione e valutazioni annuali delle misure nazionali in un intento di coerenza. Tutto ciò si traduce con il miglioramento del funzionamento del mercato del lavoro, la creazione di nuove forme di organizzazione del lavoro, l'incoraggiamento della mobilità dei lavoratori, così come la modernizzazione e l'adattamento dei sistemi di protezione sociale.

Le nuove competenze delle Comunità in termini di lotta contro le esclusioni (art.13), così come la promozione della parità tra uomini e donne sul mercato del lavoro, costituiscono le principali novità del Trattato di Amsterdam rispetto a quello di Maastricht nell'ambito della politica sociale. Anche l'esplicito riferimento nel Trattato di Amsterdam ai diritti sociali fondamentali (art. 6) costituisce un importante apporto agli obiettivi di politica sociale previsti.

L'orientamento verso sistemi sociali coerenti si traduce spesso concretamente attraverso la costituzione di un insieme di standard sociali minimi perrimediare ai problemi, comuni a tutti gli Stati, quali la disoccupazione, l'invecchiamento della popolazione o, ancora, l'esclusione degli immigrati. Si tratta di una serie di direttive che gli Stati membri devono convertire in leggi e che producono notevoli miglioramenti nelle condizioni di vita e di lavoro dei cittadini europei.

Il 1997 è stato caratterizzato da notevoli progressi politici in seguito alle attese manifestate in Europa in materia di occupazione. Un nuovo capitolo del Trattato di Amsterdam ha fatto dell'occupazione una questione di interesse comune.

Con il vertice straordinario di Lussemburgo, svoltosi il 20 e 21 novembre 1997, per la prima volta il Consiglio europeo è stato dedicato esclusivamente al problema dell'occupazione. Ha preso avvio una strategia europea coordinata a favore dell'occupazione, che poggia su tre elementi: una serie di linee direttrici per la creazione di posti di lavoro, un metodo ispirato a quello utilizzato per la convergenza economica e un rafforzamento della cooperazione con le parti sociali europee.




DALLE INTENZIONI ALLE AZIONI CONCRETE

Per il 1998 il compito dell'Unione europea consiste nel mettere in pratica le disposizioni del Trattato di Amsterdam (riduzione della disoccupazione, miglioramento dei livelli occupazionali, sviluppo delle risorse umane, modernizzazione dell'ambiente di lavoro, parità di opportunità, sviluppo dell'imprenditorialità, dell'occupabilità e dell'adattabilità).

Spetta, poi, ai singoli Stati membri attuare, nei loro piani di azione nazionali (presentati al Consiglio europeo di Cardiff del 15 giugno scorso), tali principi. Essi costituiscono una base utile per la diffusione delle buone pratiche.

La Commissione ha presentato alcune "linee direttrici per la politica degli Stati membri", che si articolano intorno a quattro obiettivi principali: promozione dell'occupabilità (prevenire le disoccupazione di lunga durata, migliorare l'occupabilità dei disoccupati); creazione di una nuova cultura imprenditoriale (facilitare l'avviamento e la gestione delle imprese); miglioramento dell'adattabilità (consentire la flessibilità alle imprese e ai lavoratori); realizzazione della parità uomo/donna nel mercato del lavoro (migliorare il tasso d'occupazione delle donne e ridurre il disequilibrio nella rappresentanza delle donne o degli uomini in taluni settori d'attività e in talune professioni).

Nell'ambito del Consiglio europeo di Cardiff (15-16 giugno 1998) i capi di Stato e di governo dei Quindici hanno esaminato i piani nazionali per l'occupazione che gli Stati hanno sottoposto al Consiglio sulla base delle strategia per l'occupazione decisa nel quadro del Consiglio europeo di Lussemburgo. Questa analisi ha mostrato che i singoli Stati stanno facendo degli sforzi considerabili per rafforzare la capacità di inserimento professionale della popolazione attiva, in particolare dei giovani, delle donne e dei disoccupati di lunga durata, attraverso la promozione dello sviluppo delle capacità e della formazione continua, il miglioramento delle condizioni di attività per le Pmi e dei lavoratori indipendenti e l'adozione di misure per promuovere il lavoro piuttosto che l'assistenza.

Alla base del successo di questa strategia i Quindici hanno riconosciuto l'importanza del dialogo sociale, che deve essere solido, aperto e ancorato alla riforma economica. A tal fine, si sono felicitati dell'intenzione della presidenza austriaca di organizzare, a novembre a Vienna, un seminario rivolto alle parti sociali con lo scopo di migliorarne ulteriormente il dialogo.

In questi ultimi mesi la Commissione ha, inoltre, adottato una serie di iniziative rilevanti, quali il Piano d'azione per la libera circolazione dei lavoratori, il Libro verde sull'organizzazione del lavoro, una comunicazione sul lavoro sommerso, una sulla dimensione sociale e il mercato del lavoro in relazione alla società dell'informazione, una comunicazione sulla sicurezza, l'igiene e la salute sul luogo di lavoro, una sulla modernizzazione e miglioramento della protezione sociale nell'Ue, un piano d'azione contro il razzismo, un Libro bianco su settori e attività esclusi dalla direttiva sull'orario di lavoro, proposte di riforma del Fse, una comunicazione sullo sviluppo della politica di sanità pubblica.

Nell'ambito dei lavori dei 15 ministri per il Lavoro e gli Affari sociali è stata riconosciuta all'unanimità la necessità di garantire una più facile transizione dalla scuola al mondo del lavoro. Il livello dell'insegnamento deve essere migliorato per rispondere meglio ai cambiamenti del mondo del lavoro e alle nuove sfide tecnologiche. È necessario prestare un'attenzione particolare verso coloro che non riescono negli studi e che si trovano nel mercato del lavoro privi di qualifiche. La formazione continua è considerata elemento primordiale per assicurare che gli individui si adattino ai cambiamenti del mercato del lavoro. Sono necessarie, inoltre, misure che incoraggino le Pmi a creare nuovi posti di lavoro. *

la Carta sociale

Nulla di particolarmente nuovo, ma sicuramente un testo con il quale gli Stati membri si impegnavano solennemente per la promozione dei diritti fondamentali anche se questi non erano automaticamente rivendicabili per vie legali. Avevano, tuttavia, valore di linea direttrice per tutti gli Stati membri (tranne, allora, il Regno Unito).

La carta sociale comprende una serie di principi basilari: il diritto dei lavoratori a lavorare nello Stato membro di propria scelta; il diritto a una retribuzione equa, al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, alla protezione sociale secondo le modalità specifiche di ciascun Paese, alla libertà di associazione e alla contrattazione collettiva; il diritto alla formazione professionale, alla parità di trattamento tra uomini e donne, all'informazione, alla consultazione, alla partecipazione dei lavoratori; il diritto alla protezione sanitaria e alla sicurezza nell'ambiente di lavoro, alla protezione dell'infanzia e degli adolescenti; il diritto delle persone anziane a un tenore di vita dignitoso; il sostegno all'inserimento sociale e professionale delle persone disabili.

Sulla base di questi contenuti la Commissione approvò il secondo programma di azione sociale, con il quale si proponeva di dare attuazione agli obiettivi definiti dalla Carta e presentò al Consiglio dei ministri iniziative finalizzate a rispondere a fenomeni sociali rilevanti, come il cambiamento demografico o l'esclusione dal mercato del lavoro.

1 I programmi di azione prevedono misure concrete in un determinato settore

2 Il Fondo Sociale Europeo (FSE) è il più importante strumento della politica sociale europea. Fu introdotto per far fronte ai costi sociali provocati dall'instaurazione del Mercato comune e della concorrenza economica. Circa l'80% dei fondi del FSE sono utilizzati per combattere la disoccupazione di lunga durata e l'esclusione dal mercato del lavoro, fornire ai giovani le qualifiche necessarie e l'opportunità di trovare lavoro, promuovere la parità di opportunità ed aiutare i lavoratori nel processo di adeguamento alle trasformazioni industriali.

3 Al FSE e al FEOGA fu aggiunto un Fondo di coesione.

4 Secondo il trattato sull'Unione europea, prima di presentare una proposta al Consiglio, la Commissione è tenuta a condurre consultazioni degli imprenditori e dei lavoratori, raccogliendo pareri e raccomandazioni delle due parti, le quali possono anche decidere di avviare una trattativa fra di loro per la stipulazione di un accordo sulla materia della proposta originaria e che è in tal caso recepito, a loro richiesta, e su proposta della Commissione, sotto forma di direttiva del Consiglio.

5 Tutti i governi degli Stati membri allora costituenti la Comunità, tranne la Gran Bretagna

6 La CIG è il meccanismo formale per la revisione dei trattati, vale a dire dei testi costituzionali dell'Unione europea, comportante negoziati fra i governi degli Stati membri dell'Unione.

7 La vittoria laburista alle elezioni del maggio '97 aveva condotto il nuovo governo ad aderire al Protocollo sociale.

8 Nel trattato di Amsterdam è stato introdotto un capitolo "Occupazione" (cap.8). A causa dell'urgenza del problema, il Consiglio di Lussemburgo del novembre 1997, ne ha deciso l'entrata in vigore prima ancora della ratifica del trattato.




IL PROTOCOLLO SOCIALE

I rappresentanti degli Stati membri che nel 1989 avevano approvato la Carta sociale, nel 1992 si accordarono per l'introduzione dei principi della Carta per mezzo di un "capitolo sociale" da inserire del trattato dell'Unione sottoscritto a Maastricht. Gli 11 avrebbero voluto anche introdurre il principio del voto di maggioranza qualificata nelle deliberazioni del Consiglio riguardanti atti legislativi sul miglioramento dell'ambiente lavorativo, la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, la parità di condizioni fra uomini e donne ed il diritto all'informazione e alla consultazione. Il governo britannico, tuttavia, rifiutò di approvare il "capitolo sociale" e dunque questo fu annesso in forma di protocollo al testo del trattato, nell'intesa che non si sarebbe applicato alla Gran Bretagna. Tale protocollo autorizza gli 11 Stati a fare ricorso alle istituzioni, alle procedure e ai meccanismi del trattato, allo scopo di attuare una più ampia politica sociale comunitaria.

Il protocollo prevede il ricorso alla maggioranza qualificata per l'approvazione di provvedimenti in settori come le condizioni di lavoro, la consultazione dei lavoratori, l'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro.

l'importanza del dialogo socialeIl dialogo sociale costituisce un'importante componente della "dimensione sociale" europea. Il tentativo di far sedere le parti sociali, cioè la Confederazione europea dei sindacati (Ces), l'Unione delle confederazioni dell'industria europea (Unice) e il Centro europeo delle imprese a partecipazione statale (Ceep), intorno ad un tavolo per condurre trattative a respiro europeo volte a raggiungere posizioni comuni, assume un ruolo importante per la regolazione sociale nell'Unione europea.

Il termine "dialogo sociale" è stato introdotto dall'Atto unico europeo (articolo 118 B del trattato Ce) e ulteriormente definito dall'articolo 3 del protocollo sociale di Maastricht. È una sorta di "partnership sociale" a livello europeo ma spesso sconosciuta in tale forma all'interno di molti Stati membri.

Nel trattato di Amsterdam (art. 139) la consultazione dei partner sociali ha acquisito un carattere obbligatorio: sino al Protocollo il ruolo dell'Unione si limitava a «sforzarsi di sviluppare il dialogo tra partner sociali».

Si è così creata una duplice via legale per l'adozione della legislazione sociale europea e costituito un doppio fondamento giuridico per interventi in campo sociale.

Il primo atto comunitario originato da questa procedura, anche se non è stato concluso un vero e proprio negoziato, è stato la direttiva sull'istituzione dei consigli d'impresa europei (1994); successivamente, sul tema dei congedi parentali (1996) e sul lavoro a tempo parziale (1997), sono stati raggiunti due accordi tra Ces, Unice e Ceep trasformati in direttive. È in corso il negoziato, iniziato il 23 marzo di quest'anno, sul lavoro a tempo determinato ed è stato interrotto, per volontà dell'Unice, quello sulla consultazione ed informazione dei lavoratori nelle imprese (per le quali gli imprenditori sostengono la competenza nazionale).

A livello settoriale le consultazioni hanno continuato a contribuire allo sviluppo delle politiche europee. In alcune occasioni il dialogo è stato approfondito e ha portato all'adozione di impegni congiunti e in un caso, quello del settore agricolo, ad un accordo-quadro (sul lavoro salariato in agricoltura del 1997), anche se numerosi settori importanti non vengono sempre rappresentati in modo congiunto a livello europeo.

Secondo una comunicazione del maggio 1998 della Commissione europea, il dialogo sociale a livello Ue deve essere adattato e promosso in funzione delle principali sfide politiche di fronte alle quali essa si trova, in particolar modo nell'ambito dell'occupazione. Questa comunicazione propone un certo numero di azioni chiave in settori come l'informazione, la consultazione, il partenariato per l'occupazione e la negoziazione: azioni concepite per raggiungere una cooperazione e un'apertura più larghe tra le parti sociali e per sollecitare la prosecuzione dello sviluppo delle relazioni contrattuali sia a livello interprofessionale che a livello settoriale. Essa dunque rafforza il dialogo sociale a livello europeo, accresce la sua capacità di adattamento e stabilisce un legame più stretto tra i lavori delle parti sociali e l'elaborazione e l'attuazione delle politiche dell'Unione europea, in particolare in materia di occupazione. La comunicazione sottolinea che è essenziale per le parti sociali a livello interprofessionale e settoriale trovare le migliori soluzioni per preservare il carattere dinamico del loro dialogo in modo da proseguire verso una cooperazione e un'apertura più larghe.

Il rafforzamento dell'integrazione europea e la considerazione dei nuovi ambiti nel quadro comunitario, specialmente in materia di occupazione, hanno esteso il campo di azione delle parti sociali. È oggi necessario cercare di fare il miglior uso delle risorse disponibili in modo da dare alle parti sociali la possibilità di svolgere pienamente il proprio ruolo per contribuire a rafforzare la legittimità e l'efficacia dell'attività a livello europeo.

Il dialogo sociale sta producendo realizzazioni importanti e, con esso, sta maturando il dialogo civile con interlocutori sociali che non appartengono all'ambiente sindacale. *




LA POLITICA SOCIALE NEL TRATTATO

Il Trattato di Amsterdam ha apportato due innovazioni essenziali. Da un lato pone un termine alla eccezione britannica in materia sociale, dall'altro sottopone un certo numero di materie a una decisione congiunta del Parlamento e del Consiglio europei. Il Consiglio decide a maggioranza qualificata sulle seguenti materie: salute e sicurezza dei lavoratori; condizioni di lavoro; informazione e consultazione dei lavoratori; pari opportunità tra uomini e donne in materia professionale; integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro; miglioramento delle conoscenze, scambi di informazione e promozione di approcci innovativi in materia di lotta contro l'esclusione sociale. Su altre materie, invece, il Consiglio decide all'unanimità, e precisamente su: sicurezza sociale dei lavoratori; tutela dei lavoratori in caso di licenziamento; rappresentanza e difesa collettiva dei lavoratori e dei datori di lavoro; condizioni di occupazione dei migranti da Paesi terzi alla Comunità in soggiorno regolare; contributi finanziari che mirano alla promozione dell'occupazione e alla creazione di posti di lavoro (al di fuori del Fondo sociale); lotta contro discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le credenze, un handicap, l'età o l'orientamento sessuale. Ci sono poi materie escluse, su lle quali i partner sociali possono chiedere al Consiglio di dare forza legale ai loro eventuali accordi contrattuali, e sono quelle dei salari e dei diritti di associazione, di sciopero e di serrata.




PROGRAMMA DI AZIONE SOCIALE 1998-2000 PER UN PROGRESSO NON SOLO ECONOMICO

Nonostante il processo di costituzione di una politica sociale comunitaria abbia raggiunto livelli relativamente solidi, l'Unione europea continua a dover affrontare problemi sociali significativi. Il nuovo programma di azione sociale 1998-2000, approvato dalla Commissione il 29 aprile scorso, si propone di dare una risposta ad una serie di quesiti ancora irrisolti.

Esso delinea la via da seguire per lo sviluppo futuro della politica sociale europea, partendo dalla convinzione che «il progresso economico e il progresso sociale si accompagnano l'un l'altro e lo scopo fondamentale del progresso economico è di migliorare il livello di vita delle persone, nel contesto di una strategia macroeconomica equilibrata».

Nell'Unione, il tasso di disoccupazione resta elevato, in particolar modo per le donne e i giovani, ed è altissimo il tasso dei disoccupati di lunga durata. La forza lavoro disponibile è numerosa ma spesso esiste un crescente divario tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e le effettive capacità offerte, che minaccia la competitività europea. L'occupabilità e la mobilità delle persone, inoltre, sono scarse.

La mondializzazione e la società dell'informazione producono un rapido cambiamento nel mondo del lavoro: è necessario accrescere l'adattabilità dei modelli di lavoro e cercare un equilibrio tra la ricerca della flessibilità e quella della sicurezza del posto di lavoro. Discriminazione, diseguaglianza, povertà, esclusione minacciano ancora il sistema sociale per cui è necessario adattare i sistemi di protezione sociale alle nuove esigenze evitando sprechi finanziari.

Raggiunta l'unione economica e monetaria nasce quindi l'esigenza di rafforzare i vincoli tra un mercato unico ben funzionante, una crescita sostenibile, la politica di coesione, la politica sociale e dell'occupazione. È necessario, cioè, integrare la stabilità macroeconomica con il sostegno del progresso sociale, affrontando anche il problema dell'invecchiamento della popolazione e del crescente squilibrio che si sta creando tra popolazione attiva e popolazione in pensione.

Alla politica sociale spetterà inoltre fare in modo che i cittadini dei Paesi candidati all'ingresso in Europa siano in grado di compiere in modo graduale la transizione verso l'economia di mercato (riesame delle politiche di occupazione, del corpus legislativo, del sistema di protezione sociale, ecc.).




OCCUPAZIONE E LIBERA CIRCOLAZIONE

Lo scopo principale è quello di fare della crescita e della stabilità macroeconomica un mezzo per rafforzare le riforme strutturali e aumentare il tasso di occupazione. La Commissione, dunque, nel rispetto della strategia per l'occupazione e dello scambio delle migliori pratiche, continuerà a promuovere forme innovative di creazione di nuovi posti di lavoro attraverso provvedimenti locali di sviluppo (patti territoriali e economia sociale) e lo sviluppo di una cultura imprenditoriale; incentiverà gli investimenti nello sviluppo delle risorse umane; solleciterà le parti sociali perché concludano presto accordi sulla formazione, l'esperienza lavorativa, tirocini, ecc.; garantirà la parità di opportunità e l'occupabilità delle persone con handicap.

Altro importante obiettivo della Commissione sarà quello di promuovere la libera circolazione dei lavoratori, coerentemente a quanto previsto dal piano d'azione sociale del 1997.




MONDO DEL LAVORO IN MUTAMENTO

Nell'economia mondiale, competitività ed efficienza delle imprese passano necessariamente attraverso un'attenta organizzazione del lavoro e una buona formazione dei lavoratori. Compito della Commissione sarà dunque quello di garantire una modernizzazione dell'organizzazione del lavoro in modo da trovare un equilibrio con le nuove tecnologie e i mercati in mutamento.

Verrà inoltre promossa l'adattabilità per affrontare il nuovo mondo del lavoro: la Commissione presenterà a fine 1998 una comunicazione sull'organizzazione del lavoro e sull'adattabilità; consulterà le parti sociali su queste tematiche; ha presentato una comunicazione sull'adattamento e la promozione del dialogo sociale a livello comunitario (vedi pag. IV); presenterà proposte per tutelare i lavoratori attualmente esclusi dalla direttiva sull'orario di lavoro.

Occorrerà anticipare i mutamenti industriali: la Commissione dovrà sostenere il processo di ristrutturazione che le imprese stanno attraversando promuovendo discussioni tra le parti sociali e fornendo un sostegno attraverso il Fondo sociale europeo; continuerà ad incoraggiare un livello adeguato di informazione e consultazione dei lavoratori sulle decisioni che li riguardano; presenterà nel 1999 una relazione sul funzionamento della direttiva sul comitato aziendale europeo.

Altri importanti obiettivi saranno quello di cogliere le opportunità della società dell'informazione per migliorare il modo in cui gli europei vivono e lavorano e per creare nuovi posti di lavoro, e quello di creare luoghi di lavoro più sicuri e sani. La Commissione, dunque, presenterà proposte per aggiornare e completare gli strumenti legislativi esistenti e per diffondere informazioni sulle migliori pratiche da seguire. 




LA SOCIETA' DELL'INCLUSIONE

È importante il ruolo delle politiche pubbliche nella realizzazione di una società fondata sulla solidarietà, sull'uguaglianza e su un elevato livello di qualità della vita e di salute. Esse possono incrementare l'occupazione, promuovere la redistribuzione del reddito, alleviare la povertà e lottare contro la discriminazione e la disuguaglianza.

Occorrerà innanzitutto modernizzare e migliorare la protezione sociale perché sia in grado di fronteggiare meglio i bisogni esistenti e di rispondere alle nuove esigenze, come la creazione di maggior occupazione e l'adattamento dei sistemi alle conseguenze dell'invecchiamento demografico.

Promuovere l'inclusione sociale costituisce un altro obiettivo fondamentale da perseguire nell'ambito della futura politica sociale: la nuova strategia per l'occupazione contribuirà in questo senso con una riforma del sistema di protezione sociale per migliorare l'occupabilità delle persone. Secondo il Trattato di Amsterdam, l'Unione deve lottare contro l'esclusione attraverso incentivi e azioni volte alla creazione di una società più inclusiva che dovranno coinvolgere tutti i soggetti pertinenti, soprattutto a livello locale.

Le organizzazioni dell'economia sociale assumono in questo ambito un ruolo vitale. La Commissione ha sostenuto lo sviluppo della "Piattaforma delle organizzazioni non governative sociali europee" ed ha organizzato il "Forum europeo di politica sociale" (vedi pag. seguente) per mettere a fuoco il dialogo civile e sociale e stimolare una maggiore partecipazione di tutte le parti interessate.

La Commissione si è inoltre impegnata ad intervenire sull'inclusione sociale, il reddito minimo, l'integrazione degli esclusi dal mercato del lavoro, delle persone più anziane, dei rifugiati, così come un altro obiettivo fondamentale è quello di realizzare l'uguaglianza e lottare contro la discriminazione: cioè pari opportunità per donne, uomini, persone con handicap, azioni contro le molestie sessuali sul lavoro, lotta alla discriminazione razziale, prosecuzione del dibattito sui diritti fondamentali. Ed ancora, soddisfare le aspettative dei cittadini per una maggiore tutela della salute e una migliore assistenza sanitaria, nonché prepararsi per l'invecchiamento della popolazione: questo attraverso azioni mirate sulla prevenzione che affrontino le minacce emergenti alla salute (Aids, cancro, tossicodipendenze ecc.) e migliorino l'efficacia economica e la qualità dei sistemi sanitari.




POLITICA SOCIALE E ALLARGAMENTO DELL'UE

La politica sociale avrà anche dei risvolti esterni che assumeranno importanza sempre crescente. Essa, cioè, avrà un ruolo importante nel prossimo futuro per aiutare i Paesi candidati all'ingresso nell'Ue ad adattare le condizioni di vita e di lavoro dei loro cittadini al livello di quelle attuali dei cittadini comunitari. Dovrà essere garantito il coinvolgimento graduale dei Paesi che stanno per entrare nell'Ue a programmi ed attività di politica sociale, nonché promossi il dialogo civile e il dialogo sociale quali pilastri essenziali del modello sociale europeo.

strumenti concreti

Per il perseguimento di questi obiettivi esistono alcuni strumenti programmatici a cui l'Ue può fare riferimento:

- sostegno finanziario ed incentivi: i Fondi strutturali e il Fondo sociale europeo in particolare sono lo strumento più importante di cui dispone l'Unione europea in materia di promozione dell'occupazione e di sviluppo delle risorse umane e di progresso sociale più in generale. In particolare il Fse dovrà occuparsi, secondo l'ultima proposta di riforma, del sostegno all'adattamento e alla modernizzazione di politiche e sistemi di istruzione, formazione ed occupazione;

- normativa: nel corso del passato trentennio la legislazione sociale comunitaria ha regolamentato un'ampia gamma di aspetti, come la libera circolazione della manodopera, la parità di trattamento fra uomini e donne, la normativa d'igiene e sicurezza sul lavoro, l'informazione e la consultazione dei dipendenti, le scadenze e le condizioni dei contratti di lavoro. Nel prossimo futuro si cercherà di incentivare standard sociali e lavorativi equi e decenti in determinati settori con nuove norme o con l'aggiornamento di norme preesistenti;

- partenariato e sviluppi programmatici: elemento fondamentale del sistema sociale europeo sono il dialogo politico, sociale e civile per costruire la cooperazione e realizzare obiettivi comuni. Negli ultimi anni si sono compiuti progressi significativi nello sviluppo di questo approccio collaborativo, che continueranno in futuro. Il Forum sulla politica sociale europea 1998 è stata una buona opportunità per far progredire il dibattito sul futuro della politica sociale. *

un forum sul futuro
della politica sociale europea

Il futuro della politica sociale dell'Unione è stato al centro del dibattito svoltosi dal 24 al 26 giugno scorsi nell'ambito del secondo "Forum sulla politica sociale" organizzato dalla Commissione europea. Oltre 1500 partecipanti, in rappresentanza delle istituzioni europee, delle Ong, delle parti sociali e delle autorità nazionali degli Stati membri, hanno discusso della "nuova era" dell'integrazione europea in tre sessioni parallele, con l'obiettivo di rafforzare la dimensione sociale all'interno del futuro sviluppo dell'Unione.

Dopo Amsterdam e il vertice di Lussemburgo, si è così messo in moto un nuovo processo di cambiamenti profondi e duraturi che avranno incidenza su tutti gli aspetti della vita dei cittadini europei. 




IL MONDO DEL LAVORO DI DOMANI

Nell'ambito di questa sessione i rappresentanti delle Ong, dei datori di lavoro, dei lavoratori e della Commissione hanno voluto promuovere l'inizio di un nuovo dibattito sul futuro del mondo del lavoro, presentando concretamente il ruolo che in questo ambito ciascuno degli attori eserciterà.

L'Europa presto conoscerà l'integrazione di un'unione economica e monetaria con una moneta unica, gli Stati membri procedono sulla via della convergenza delle politiche nazionali sull'occupazione e l'Ue si estenderà verso nuovi Paesi, con un ruolo di primo piano sulla scena mondiale: rappresenta più del 20% della produzione mondiale con solo il 6% della popolazione totale.

Nonostante ciò, non mancano i problemi sociali e quelli legati al mercato del lavoro, rispetto ai quali l'Ue ha grandi responsabilità.

Tra il 1975 e il 1996, la popolazione attiva (15-64 anni) è passata, nei 15 Stati membri, da 207 a 246 milioni e il numero di coloro che non lavorano (inattivi più disoccupati) da 133 a 150 milioni circa. La disoccupazione resta elevata, con circa 18 milioni di senza lavoro, e le previsioni future non sono molto positive. La società europea invecchia, e nel corso dei prossimi 10 anni la popolazione al di sotto dei 20 anni di età conterà 10 milioni di persone in meno. Così pure la popolazione economicamente attiva dovrebbe diminuire di 13 milioni (6,5%).

I Paesi europei, dunque, si trovano di fronte a nuove prospettive in termini di aumento dei costi della protezione sociale, delle cure sanitarie e dei servizi sociali personali. Cresce il lavoro a tempo parziale, sia tra gli uomini sia tra le donne, non solo come scelta ma spesso come unica possibilità d'impiego.

Nonostante tra il 1980 e il 1990 ci sia stato un notevole aumento dell'occupazione femminile, un numero ancora elevato di donne ha accesso solamente a lavori precari e mal retribuiti. Le persone con handicap non sono assistite adeguatamente. Per i giovani diventa sempre più difficile l'accesso al mondo del lavoro. Nonostante sia stata rilevata una crescita economica costante nel corso della seconda metà del secolo, il tasso di povertà negli Stati membri è aumentato. Le disuguaglianze crescono così come cresce il tasso di mortalità in alcune regioni.

La risposta a questi problemi dipende dall'azione dell'Europa, dalle sue istituzioni, dai governi, dagli attori regionali e locali, dalle parti sociali, dalla società civile e da tutti gli individui. L'Europa "monetaria" deve essere accompagnata da un'Europa "sociale", e questo può avvenire solo attraverso il partenariato, elemento indispensabile per l'adattamento sociale ed economico alle nuove condizioni del mercato.

Il Trattato di Amsterdam prima, il vertice sull'occupazione di Lussemburgo poi, hanno impegnato l'Ue e gli Stati membri in favore di un livello più elevato di occupazione e verso un rinnovamento della strategia europea dell'occupazione.

Dunque, affrontare il tema del numero insufficiente dei posti di lavoro è la sfida principale per istituzioni e parti sociali nei prossimi anni. Puntare sull'occupabilità e migliorare la capacità di inserimento professionale, incoraggiare lo spirito imprenditoriale e la capacità di adattamento di lavoratori e imprenditori agli sviluppi del mercato del lavoro, promuovere le pari opportunità sono elementi cruciali della nuova strategia per la crescita dell'occupazione. Nello stesso tempo va garantita ai cittadini una vita dignitosa e offerte loro maggiori rappresentanza e capacità partecipativa.

Modernizzare l'organizzazione del lavoro, ridistribuire salari e ore di lavoro, ridurre i costi amministrativi del sistema sociale senza dover rinunciare all'assistenza, rimuovere ostacoli legislativi alla creazione di occupazione, ridurre il carico fiscale dei più sfavoriti, promuovere nuove forme lavorative nel terziario (risorse rinnovabili, ambiente, servizi pubblici sociali), lottare contro l'economia sommersa, investire maggiormente nelle Pmi: sono tutti obiettivi che giocheranno un ruolo decisivo nel futuro del mondo del lavoro.

modernizzare e migliorare
la protezione sociale

I sistemi di protezione sociale degli Stati membri rappresentano ormai più del 28% del Pil complessivo dell'Ue, benché questa percentuale vari tra gli Stati membri (dal 16% della Grecia al 35% della Finlandia) in funzione dei livelli di prestazione e degli equilibri tra finanziamento pubblico e privato.

La maggior parte di questi sistemi persegue obiettivi e si affida a strumenti di finanziamento e funzionamento risalenti ad alcune decine di anni fa. Benché i bisogni cui rispondono siano largamente gli stessi, il contesto economico e sociale in cui si trovano oggi a operare si è evoluto e continuerà a trasformarsi. Se si vuole che essi conservino la loro efficacia e continuino a rispondere ad esigenze che si evolvono, è necessario modernizzarli. È necessario, cioè, agire su tutti i livelli, locale, nazionale ed europeo, per adattare i sistemi di protezione sociale ai cambiamenti del mercato del lavoro, ai processi demografici e alle evoluzioni sociali in modo da fornire risposte adeguate.

Partendo da un nuovo punto di vista, le parti sociali hanno affrontato la questione dell'avvenire della protezione sociale come una questione politica, rivendicando un maggiore coinvolgimento degli utenti nel funzionamento stesso del sistema sociale. È forte l'idea di una partecipazione diretta dei cittadini e dei loro rappresentanti al sistema per il raggiungimento del benessere collettivo e, a questo proposito, si raccomanda un nuovo equilibrio tra responsabilità individuali e responsabilità collettive. Una delle priorità di un buon sistema di protezione sociale deve essere la prevenzione dei meccanismi di esclusione. Se non esistessero azioni di intervento sociale, quasi il 40% delle famiglie europee vivrebbe al disotto della soglia di povertà con un reddito inferiore alla media.

È necessario trovare il modo affinché le azioni sociali siano indirizzate alle popolazioni più esposte senza che il finanziamento delle stesse pesi troppo sull'occupazione. È stato proposto un calo degli oneri sociali ripartendoli con nuovi prelievi sul risparmio, sul capitale, o sull'energia. La regolamentazione delle associazioni private di assistenza sociale e una analisi dettagliata del costo delle carenze della protezione sociale, possono costituire un buon modo per ottimizzare gli interventi.

Sembra inoltre necessario che il sistema di protezione sociale debba adattarsi alla nuova natura del mercato del lavoro ricercando un equilibrio tra le politiche di flessibilità e quelle che ricercano una maggiore sicurezza sociale.

I cambiamenti demografici costituiscono un'altra sfida per il sistema di protezione sociale in Europa, dal momento che la popolazione europea continua ad invecchiare e il crescente numero di persone anziane crea nuovi bisogni e comporta ulteriori costi.

Così come l'evoluzione delle pari opportunità tra i sessi nella vita professionale comporta un adeguamento dell'azione sociale. Le donne lavoratrici sono sempre di più ed è sempre più necessario sviluppare condizioni di parità che comportano ulteriori costi (conciliazione tra vita professionale e familiare, cura dei bambini o di altre persone dipendenti dalla famiglia).

Cresce quindi la complessità delle questioni sociali ed è così necessario approfondire la partecipazione democratica per sviluppare la lotta contro l'esclusione e rafforzare le procedure di valutazione delle politiche pubbliche.

promuovere la partecipazione

Ma creare l'Europa dei cittadini non è sufficiente. Bisogna anche cercare di migliorare il processo di integrazione europea in termini di giustizia e libertà, due valori democratici essenziali, favorendo nuove forme di gestione, rafforzando il dialogo sociale così come il partenariato e il dialogo civile, sia a livello di elaborazione che a livello di attuazione della politica sociale europea.

È necessario un maggiore impegno per cercare un nuovo compromesso tra l'Europa economica e quella sociale. È arrivato il tempo di costruire l'Europa sul piano giuridico. Fare in modo che in Europa i diritti civili e sociali diventino indissociabili, indivisibili, interdipendenti con i diritti politici: in mancanza dei diritti sociali anche i diritti politici diventano elitari e non universali.

Purtroppo, però, i diritti civili e sociali non sono ancora adeguatamente riconosciuti dal Trattato. Di qui l'importanza dell'iniziativa promossa dalla Ces e dalle Ong di iniziare una campagna per una "carta dei diritti" come punto di riferimento per lavorare sulla indissociabilità di diritti civili e politici. È una iniziativa importante per rendere la cittadinanza degli europei più vicina ai cittadini e alle loro preoccupazioni.

Perché ciò accada in tempi rapidi ci sono già a disposizione alcuni strumenti, come ad esempio l'articolo 13 del Trattato di Amsterdam secondo il quale si può chiedere alla Commissione europea di costituire un programma per collocare la campagna della carta dei diritti all'interno dell'articolo stesso.

Cittadinanza europea, oltre riconoscimento dei diritti, significa anche partecipazione. In questo ambito assume un ruolo rilevante il partenariato, inteso non come fine ma come mezzo per governare. L'impegno in una battaglia politica e culturale è una sfida difficile da affrontare in cui sono necessari concreti scambi di esperienza tra tutti gli attori del settore sociale rendendo complementari dialogo sociale e dialogo civile. *

Questo inserto sulla politica sociale europea è tratto da un dossier realizzato dal "Centro d'informazione e documentazione sull'Europa sociale" (Cides) di Bruxelles, con il quale la redazione di Euronote collabora stabilmente da quattro anni. Dal 1991 il Cides fornisce, alle confederazioni sindacali e alle associazioni che operano nel campo sociale, un'informazione rapida e selezionata sulle politiche europee attraverso servizi differenziati: dossier documentari; dossier su richiesta; un bollettino mensile ("Europost"); bibliografia e documentazione; indicatori economici e sociali. INFORMAZIONI: Cides, 68 Avenue d'Auderghem - boite 24 - 1040 Bruxelles, tel. +32 2 7336670, fax 7338987, E-mail: info.cides@netropolis.be