Stop al divario retributivo di genere

Aprile 2023

Nuova direttiva europea per garantire la parità di retribuzione tra donne e uomini

Contrastare il divario retributivo tra i generi con una nuova legislazione europea che imporrà alle imprese dell’Ue di divulgare informazioni per agevolare il confronto degli stipendi dei dipendenti e la denuncia dei divari retributivi di genere esistenti. Queste le novità contenute in una nuova direttiva adottata in via definitiva dal Parlamento europeo, che impone strutture retributive basate su criteri neutrali rispetto al genere, sia nel settore privato che in quello pubblico. La nuova normativa europea introduce di fatto il divieto del segreto salariale: i lavoratori e i loro rappresentanti avranno il diritto di ricevere informazioni chiare ed esaurienti sui livelli retributivi individuali e medi, suddivisi per genere, senza la possibilità di clausole contrattuali che possano limitare la divulgazione delle informazioni. Altra importante novità riguarda il trasferimento dell’onere della prova dal lavoratore al datore di lavoro per quanto riguarda le questioni relative alla retribuzione: quando un lavoratore ritiene che non sia stato applicato il principio della parità di retribuzione, il datore di lavoro sarà obbligato a dimostrare l’assenza di discriminazione. Dovranno inoltre essere introdotti dei sistemi di valutazione o classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere, così come dovranno esserlo gli avvisi di posto vacante e la denominazione delle posizioni lavorative. Anche i processi di assunzione dovranno essere condotti in modo non discriminatorio.

L’obiettivo dell’Ue è di garantire la parità di retribuzione per un lavoro di pari valore, contrastando così la pratica storicamente negativa per cui il lavoro delle donne è stato sempre sottovalutato e sottopagato. Con il suo voto l’Europarlamento è riuscito ad ampliare il campo di applicazione delle nuove norme, a rafforzare il ruolo delle parti sociali e a garantire solidi diritti individuali e collettivi. I Paesi dell’Ue dovranno quini introdurre sanzioni «efficaci, proporzionate e dissuasive», ad esempio ammende, per i datori di lavoro che non rispettano le regole, mentre i lavoratori che subiranno un danno a seguito di una violazione delle norme avranno il diritto di chiedere un risarcimento. Per la prima volta, rende noto il Parlamento europeo, sono stati inclusi nell’ambito di applicazione delle nuove norme la discriminazione intersezionale e i diritti delle persone non binarie.

Un divario persistente e diffuso in tutta l’Ue

Il principio della parità di retribuzione è sancito dall’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Ue, tuttavia il divario retributivo di genere persiste ed è diffuso, pur con notevoli differenze tra i Paesi membri.

Secondo Eurostat, nel 2021 per l’economia nel suo insieme la retribuzione oraria lorda delle donne era mediamente del 12,7% inferiore a quella degli uomini nell’intera Ue e del 13,6% nella zona dell’euro. Tra gli Stati membri, il divario retributivo di genere variava di 20,7 punti percentuali, passando dal -0,2% in Lussemburgo al 20,5% in Estonia. Generalmente, osserva Eurostat, il divario retributivo di genere è molto inferiore per i nuovi entrati nel mercato del lavoro e tende ad aumentare con l’età, pur in modo differente tra i vari Paesi, soprattutto a causa delle interruzioni di carriera che le donne possono subire durante la loro vita lavorativa. Per quanto riguarda poi i diversi settori economici, negli Stati membri dell’Ue in cui sono disponibili dati, ad eccezione di Belgio e Spagna, il divario retributivo di genere nelle attività finanziarie e assicurative è più elevato che nell’economia aziendale nel suo complesso. La maggior parte degli Stati membri registra un divario retributivo di genere (in termini assoluti) più elevato nel settore privato rispetto a quello pubblico. Cosa che potrebbe dipendere dal fatto che, nella maggior parte dei Paesi dell’Ue, la retribuzione nel settore pubblico è determinata da griglie salariali trasparenti che si applicano allo stesso modo a uomini e donne. Secondo Eurostat, nel 2021 il divario retributivo di genere variava dall’8,1% in Belgio al 22,1% in Germania, nel settore privato, e dal -0,6% in Polonia al 17,2% in Ungheria nel settore pubblico.

Ces: accelerare l’attuazione della direttiva

Soddisfazione è stata espressa dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces) sul fatto che la direttiva per colmare il divario retributivo di genere nell’Ue abbia superato il suo ultimo ostacolo, con l’adozione del testo finale da parte del Parlamento europeo.

Ma, osserva la Ces, gli Stati membri hanno tecnicamente tempo fino al 2026 per recepire la direttiva nella legislazione nazionale, cosa non accettabile dai sindacati europei secondo i quali «le donne hanno aspettato abbastanza a lungo per la parità salariale». Per questo è chiesto ai governi nazionali di attuare immediatamente la direttiva. Oltretutto, un’analisi svolta dall’Istituto sindacale europeo ha rilevato che, se il divario retributivo di genere continuasse al suo livello attuale, ogni anno senza azione costerebbe alle donne una media di 4.256 euro di salari persi, mentre le donne perderebbero tra 1.872 e 36.334 euro se i governi attendessero fino al 2026 per recepire la direttiva.

«Le lavoratrici hanno già atteso più di 45 anni per l’applicazione delle leggi sulla parità retributiva dell’Ue, quindi non c’è tempo da perdere per mettere in atto la direttiva sulla trasparenza salariale» ha dichiarato la segretaria generale della Ces, Esther Lynch, sottolineando che «le donne sono colpite in modo sproporzionato dalla crisi del costo della vita a causa del divario retributivo di genere e non possono permettersi di perdere altre migliaia di euro nei prossimi tre anni a causa dell’inerzia dei governanti». Secondo la segretaria generale dei sindacati europei «i governi nazionali dovrebbero rendere prioritaria l’attuazione della direttiva sulla trasparenza salariale come parte della loro risposta alla crisi del costo della vita. Stiamo parlando di soldi veri per i lavoratori qui, non solo di statistiche».

La nuova direttiva «non porrà fine all’ineguaglianza retributiva da un giorno all’altro» ha concluso Lynch, «ma fornirà alle lavoratrici e ai loro sindacati potenti strumenti per smascherare e sfidare la profonda discriminazione che vi sta dietro».

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