Reddito minimo: serve una direttiva dell’UE

Marzo 2023

Richiesta della Rete europea anti-povertà per sistemi omogenei tra Stati membri

Sebbene nel 2023 ormai tutti gli Stati membri dell’Ue dispongano di regimi di reddito minimo, questi variano talmente da un Paese all’altro, in termini di adeguatezza e accessibilità, al punto che nessun regime europeo di reddito minimo corrisponde alle effettive esigenze dei beneficiari. Non riescono a sollevare milioni di cittadini al di sopra della soglia di povertà e lasciano le persone interessate stigmatizzate, isolate e intrappolate in un ciclo di povertà ed esclusione sociale. E ciò è particolarmente vero per i gruppi più vulnerabili, che affrontano maggiori rischi di povertà ed esclusione sociale e per i quali i regimi di reddito minimo dovrebbero costituire importanti reti di sicurezza. È quanto afferma l’European anti-poverty network (Eapn), la più grande rete europea di organizzazioni, gruppi ed enti attivi nella lotta alla povertà e all’esclusione sociale, attualmente costituita da 31 reti nazionali e 13 organizzazioni europee.

Da decenni l’Eapn sostiene il diritto a un reddito minimo adeguato in tutta Europa, considerando i sistemi di reddito minimo un elemento cruciale nelle strategie multidimensionali integrate contro la povertà, sia a livello nazionale che a livello europeo. Regimi di reddito minimo, infatti, aiutano a garantire uno standard minimo di vita dignitosa per tutti e consentono alle persone di partecipare pienamente alla società, concentrandosi sui cittadini che non sono in grado di accedere a un lavoro dignitoso, che non percepiscono un adeguato reddito da lavoro, che non hanno diritto ad altri tipi di prestazioni sociali o che vanno in pensione dopo periodi di contribuzione troppo brevi. Se ben progettati e adeguati, osserva la rete europea, i sistemi di reddito minimo insieme ad altri servizi essenziali possono prevenire o fornire percorsi concreti di uscita dalla povertà e costituiscono una base per costruire società più eque e socialmente giuste, quando finanziati in modo sostenibile attraverso sistemi fiscali progressivi redistributivi.

In un dettagliato documento presentato recentemente, l’Eapn accoglie con favore la raccomandazione adottata dal Consiglio dell’Ue lo scorso 30 gennaio su un reddito minimo adeguato che garantisca l’inclusione attiva, come passo avanti nell’attuazione del principio 14 del Pilastro europeo dei diritti sociali, tuttavia ricorda che una raccomandazione resta del tutto volontaria nella sua applicazione da parte degli Stati membri. Sottolineando come la soft law dell’Ue non abbia finora consentito progressi sufficienti e sostenibili nella riduzione della povertà in Europa, come testimoniano gli oltre 95,4 milioni di persone ancora a rischio di povertà o esclusione sociale, l’Eapn ritiene quindi che l’unico modo per garantire un reddito adeguato per tutta l’Ue sia «una direttiva quadro sul reddito minimo, con un insieme comune di requisiti e disposizioni minimi che dovrebbero includere la copertura, l’accessibilità, l’adeguatezza, il carattere abilitante e gli aggiornamenti regolari degli importi».

La raccomandazione del Consiglio dell’Ue

Il 30 gennaio scorso il Consiglio dell’Ue ha raccomandato che «gli Stati membri forniscano e, ove necessario, rafforzino solide reti di sicurezza sociale combinando un adeguato sostegno al reddito attraverso prestazioni di reddito minimo e altre prestazioni monetarie di accompagnamento, prestazioni in natura e dando accesso a servizi abilitanti ed essenziali». Definendo il reddito minimo «un elemento chiave nelle strategie per uscire dalla povertà e dall’esclusione» e che «contribuisce a sostenere una ripresa sostenibile e inclusiva in tempi di crisi economica», il Consiglio dell’Ue ha affermato che «solide reti di sicurezza sociale non solo migliorano i risultati sociali e sanitari per coloro che sono più lontani dal mercato del lavoro, ma apportano anche benefici sociali ed economici duraturi per l’Ue, con il risultato di società più eque, coese e resilienti». Inoltre, il Consiglio ha sottolineato come «in tempi di recessione economica, la flessibilità nella definizione del reddito minimo può svolgere un ruolo importante nel mitigare le conseguenze sociali avverse e svolgere un ruolo stabilizzante nell’economia». Agli Stati membri il Consiglio raccomanda di «stabilire il livello del reddito minimo attraverso una metodologia solida e trasparente, in conformità con il diritto nazionale e coinvolgendo le parti interessate, tenendo conto delle fonti di reddito complessive, delle esigenze specifiche e delle situazioni svantaggiate delle famiglie, del reddito di un basso salariato, tenore di vita e potere d’acquisto». Il Consiglio dell’Ue chiede infine agli Stati membri di «raggiungere gradualmente il livello adeguato di sostegno al reddito entro il 2030 al più tardi, salvaguardando nel contempo la sostenibilità delle finanze pubbliche».

Sistemi efficaci solo con norme vincolanti

Pur accogliendo positivamente l’iniziativa del Consiglio dell’Ue, la rete europea anti-povertà sottolinea vari punti deboli della raccomandazione. Ad esempio la mancanza di un approccio esplicito basato sui diritti universali per un reddito minimo adeguato, che superi la discriminazione e la disparità di accesso e non lasci indietro nessuno. Nel raccomandare poi agli Stati membri di rivedere regolarmente e, se del caso, adeguare il livello del reddito minimo, secondo l’Eapn mancano un quadro e una metodologia comuni a livello europeo sui bilanci di riferimento, così come non sono indicate concrete misure di sostenibilità e buone pratiche sul finanziamento dei sistemi di reddito minimo. Inoltre, osserva l’Eapn, l’accesso al reddito minimo si basa su una durata proporzionale della residenza legale, escludendo potenzialmente le persone con residenza temporanea, i rifugiati e i migranti privi di documenti. Non sono poi previste misure concrete per superare approcci strutturali discriminatori e di parte, mentre si parla poco della necessità di coordinamento e integrazione del sostegno al reddito minimo e della fornitura di servizi sociali.

Tutte ragioni per le quali l’Eapn rivolge un «appello urgente per una direttiva quadro dell’Ue vincolante sul reddito minimo adeguato, che deve essere progettata con una partecipazione significativa delle organizzazioni della società civile e delle persone che vivono in condizioni di povertà».

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