Clima, teso e incerto
COP27 deludente nelle azioni di prevenzione dei cambiamenti climatici
«Cerchiamo di essere chiari. Il nostro pianeta è ancora al pronto soccorso. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora, e questo è un problema che questa COP non ha affrontato». La valutazione del segretario generale dell’Onu, António Guterres, riassume i risultati deludenti ottenuti dalla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP27 svoltasi a Sharm el-Sheikh, in Egitto, dal 6 al 20 novembre. Come avviene spesso nel corso dei Vertici internazionali, infatti, solo nelle ultime ore di negoziati è stato evitato il fallimento raggiungendo un accordo su un meccanismo di finanziamento per compensare i Paesi vulnerabili da “perdite e danni” dovuti ai disastri provocati dai cambiamenti climatici, denominato Fondo Loss and Damage. Ma niente di più. «Un fondo per perdite e danni è essenziale, ma non è una risposta se la crisi climatica spazza via dalla mappa un piccolo Stato insulare o trasforma un intero Paese africano in un deserto» ha commentato il segretario generale dell’Onu, sottolineando come «il mondo ha ancora bisogno di fare un passo da gigante in termini di ambizione climatica. La linea rossa che non dobbiamo oltrepassare è la linea che porta il nostro pianeta oltre il limite della temperatura di 1,5 gradi. Per avere qualche speranza di mantenere gli 1,5° C, dobbiamo investire massicciamente nelle energie rinnovabili e porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili». Una Conferenza, quella svoltasi in Egitto, che si è conclusa «con molti compiti e poco tempo» ha osservato Guterres, aggiungendo: «Siamo già a metà strada tra l’Accordo di Parigi sul clima e la scadenza del 2030. Abbiamo bisogno di tutti per guidare la giustizia e l’ambizione. Questo include anche porre fine alla guerra suicida contro la natura che sta alimentando la crisi climatica, distruggendo gli ecosistemi».
Per avere qualche speranza di rispettare l’obiettivo di aumento della temperatura non oltre gli 1,5° C sono però necessarie azioni concrete a favore delle energie rinnovabili e per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Cosa che alla COP27 non è avvenuta e che non lascia grandi speranze per la prossima COP28, che si terrà a fine 2023 negli Emirati Arabi Uniti, presieduta cioè da una monarchia assoluta che basa la sua ricchezza sul gas e sul petrolio.
La delusione dell’Unione europea
«Abbiamo curato alcuni sintomi ma non curato il paziente dalla febbre» ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al termine del Vertice Onu. «La COP27 ha mantenuto vivo l’obiettivo di 1,5°C. Tuttavia, non ha rispettato l’impegno dei principali emettitori mondiali di ridurre gradualmente i combustibili fossili, né nuovi impegni sulla mitigazione del clima. Ma l’Ue manterrà la rotta, in particolare attraverso il Green Deal europeo e RePowerEu, perché è essenziale mantenere l’ambizione dell’accordo di Parigi» ha detto la rappresentante di un’Ue in prima linea, sia col proprio impegno nella lotta ai cambiamenti climatici sia per esortare i partecipanti alla COP27 a trovare un accordo almeno sul capitolo Loss and Damage.
«Avremmo dovuto fare molto di più, questo non è un passo avanti sufficiente per le persone e per il pianeta» secondo Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione e responsabile del Green Deal europeo, che ha così criticato il risultato del Vertice: «Non porta sforzi sufficienti da parte dei principali emettitori per aumentare e accelerare i loro tagli alle emissioni. Non porta maggior fiducia per il raggiungeremo degli impegni presi con l’accordo di Parigi e a Glasgow lo scorso anno. Non affronta il divario enorme tra la scienza del clima e le nostre politiche climatiche». Ammonendo che «il costo dell’inazione è molto più alto del costo dell’azione», Timmermans ha osservato che molti Paesi «meritano il nostro sostegno per la perdita e il danno che devono affrontare, ma meritano anche la nostra più alta ambizione di evitare episodi ripetuti. Ciò significa: ridurre molto più rapidamente le emissioni. È così che limitiamo il cambiamento climatico. Non aspettare e rispondere una volta che il cambiamento climatico ha avuto i suoi effetti devastanti».
Molto critiche le organizzazioni ambientaliste
Una COP27 deludente anche secondo le maggiori organizzazioni ambientaliste. Greenpeace, ad esempio, pur accogliendo favorevolmente l’istituzione di un Fondo per il finanziamento delle perdite e dei danni, considerato «una base importante verso la giustizia climatica», resta scettica sul fatto che i governi riescano a «svincolarsi dalla morsa dell’industria dei combustibili fossili». Sottolineando che «i negoziati sono stati inficiati dai tentativi di scambiare l’adattamento e la mitigazione con le perdite e i danni» e che «la decarbonizzazione rimane l’azione principale per poter rispettare l’accordo di Parigi ed evitare un inferno climatico», Greenpeace esprime la sua preoccupazione: «Affrontare il cambiamento climatico e promuovere la giustizia climatica non è un gioco a somma zero. Non si tratta di vincitori e vinti. O facciamo progressi su tutti i fronti o perdiamo tutti. Bisogna ricordare che la natura non negozia, la natura non scende a compromessi».
Molto critico sull’esito della COP27 anche il Wwf: «L’accordo sul Loss&Damage è un passo positivo, ma rischia di diventare un “fondo per la fine del mondo” se i Paesi non si muoveranno molto più velocemente per ridurre le emissioni e limitare il riscaldamento al di sotto di 1,5° C». Secondo l’organizzazione internazionale, infatti, senza un’accelerazione nell’eliminazione dei combustibili fossili si subiranno le conseguenze più catastrofiche della crisi climatica. «I governi a oggi sono come dei condomini che, mentre il palazzo brucia, lo osservano parlando di quote condominiali: la crisi climatica deve essere la priorità, solo affrontandola davvero, fermandone la progressione, tutto il resto ha un senso» affermano i responsabili di Wwf Italia, sottolineando almeno «la determinazione dimostrata dagli attivisti, dalle popolazioni indigene, dalla società civile e dai giovani che hanno fatto sentire la loro voce, rendendo ancor più evidente l’inadeguatezza dell’azione dei governi».