Basta guerra, ora un negoziato per la pace

L’appello della manifestazione Europe for peace del 5 novembre a Roma

«L’Italia, la Costituzione, la società civile ripudiano la guerra. Insieme esigiamo che le nostre istituzioni assumano questa agenda di pace e si adoperino in ogni sede europea ed internazionale per la sua piena affermazione». Con questo appello e con lo slogan “Cessate il fuoco subito, negoziato per la pace!” è stata indetta dalla piattaforma Europe for peace la manifestazione che si terrà a Roma sabato 5 novembre e alla quale hanno aderito reti e campagne in rappresentanza di centinaia di organizzazioni della società civile.

«La minaccia nucleare incombe sul mondo. È responsabilità e dovere degli Stati e dei popoli fermare questa follia. L’umanità ed il pianeta non possono accettare che le contese si risolvano con i conflitti armati» si legge nel manifesto dell’iniziativa contro la guerra che, è sottolineato, «è la principale causa delle crisi alimentari mondiali, incide sul caro-vita, sulle fasce sociali più povere e deboli, determina scelte nefaste per il clima e la vita del pianeta. La guerra ingoia tutto e blocca la speranza di un avvenire più equo e sostenibile per le generazioni future». Quindi «questa guerra va fermata subito» invocano i promotori di Europe for peace, secondo i quali l’Italia, l’Unione europea e gli Stati membri, le Nazioni Unite devono assumersi la responsabilità del negoziato per fermare l’escalation e raggiungere l’immediato cessate il fuoco. «È urgente lavorare ad una soluzione politica del conflitto, mettendo in campo tutte le risorse e i mezzi della diplomazia al fine di far prevalere il rispetto del diritto internazionale, portando al tavolo del negoziato i rappresentanti dei governi di Kiev e di Mosca, assieme a tutti gli attori necessari per trovare una pace giusta. (…) L’umanità ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra» afferma la società civile, chiedendo al segretario generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, «per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti per combattere le povertà e di finanziamenti per l’economia disarmata, per la transizione ecologica, per il lavoro dignitoso». Al fine di contrastare le guerre e le armi, che «puntano alla vittoria sul nemico ma non portano alla pace: tendono a diventare permanenti ed a causare solo nuove sofferenze per le popolazioni», è necessario «far vincere la pace, ripristinare il diritto violato, garantire la sicurezza condivisa» perché, sostengono i promotori di Europe for peace, «non esiste guerra giusta, solo la pace è giusta. La guerra la fanno gli eserciti, la pace la fanno i popoli».

Proposta per un piano di pace

Un appello per porre fine alla guerra in Ucraina giunge anche da un gruppo di diplomatici non più in servizio attivo, che avanzano una proposta per un piano di pace. «Dopo mesi di guerra e di perdite umane le posizioni di entrambe le parti si sono irrigidite. I “falchi” russi chiedono un utilizzo della forza senza remore, fino all’uso dell’arma nucleare tattica; ma anche nel campo occidentale molteplici sono le pulsioni per una continuazione del conflitto fino alla resa totale di Mosca. Un tale scenario apocalittico fa orrore. È necessario per tutte le donne e gli uomini di buona volontà contrastarlo. Le armi devono tacere e cedere il passo alla diplomazia» sostengono gli estensori dell’appello, secondo i quali la neutralità dell’Ucraina e lo status dei territori contesi costituiscono gli elementi essenziali di una mediazione che possa stabilizzare la regione. Per questo rivolgono un appello al governo italiano affinché si faccia promotore in sede europea di una forte iniziativa diplomatica per un immediato cessate il fuoco e l’avvio di negoziati tra le parti. «Italia, Francia e Germania – a cui si unirebbero auspicabilmente altri Paesi dell’Unione – possono influire, assieme alle Istituzioni europee, sulla strategia della Nato con una postura di fermezza, nell’ambito della solidarietà atlantica, come è accaduto altre volte in passato», un’iniziativa che secondo i diplomatici contribuirebbe anche al rafforzamento e allo sviluppo di una politica estera e di sicurezza comune, «presupposto imprescindibile per la realizzazione di una Unione politica e federale europea». Una proposta di mediazione credibile dovrebbe dunque partire dagli accordi di Minsk, spiegano i promotori della proposta, per giungere a un negoziato globale guidato dai principi della sicurezza in Europa, ribadendo le linee ispiratrici della coesistenza e della legalità internazionale: l’inaccettabilità dell’uso della forza per l’acquisizione di territori, l’autodeterminazione dei popoli, la protezione delle minoranze linguistiche europee. Il primo obiettivo è il cessate il fuoco e l’avvio immediato di negoziati per pervenire: «al simmetrico ritiro delle truppe e delle sanzioni; alla definizione della neutralità dell’Ucraina sotto tutela Onu; a referendum gestiti da Autorità internazionali nei territori contesi. La convocazione di una Conferenza sulla Sicurezza in Europa sarà, infine, lo strumento del ritorno allo spirito di Helsinki e alla convivenza pacifica tra i popoli europei».

Condannare la minaccia di armi nucleari

Per contrastare la normalizzazione dell’idea di utilizzare armamenti nucleari è fondamentale poi che la comunità internazionale condanni in modo coerente e categorico qualsiasi minaccia di questo genere. «Una condanna coerente e inequivocabile da parte dei governi e della società civile può stigmatizzare e delegittimare le minacce nucleari, aiutare a ripristinare e rafforzare la norma contro l’uso delle armi nucleari e rafforzare gli sforzi di disarmo e non proliferazione» sostiene la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (Ican), Premio Nobel per la Pace 2017, un coalizione di organizzazioni non governative in cento Paesi. Secondo l’Ican, infatti, la condanna delle minacce non è solo vuota retorica perché la delegittimazione funziona ed è stato dimostrato che influenza il comportamento degli Stati che dispongono di armamenti nucleari: «Gli Stati dotati di armi nucleari attribuiscono un valore significativo al mantenimento della legittimità agli occhi della più ampia comunità internazionale. La perdita di legittimità può significare la perdita del sostegno politico internazionale, rendendo più difficile il perseguimento degli interessi nazionali e, in casi gravi, comportando isolamento, ostracismo, sanzioni e conseguenze economiche significative, che a loro volta potrebbero portare a instabilità interna e disordini».