2023 Anno europeo delle competenze

Ottobre 2022

Proposta della Commissione europea condivisa ma criticata dai sindacati europei

Disporre delle competenze necessarie consente alle persone di affrontare con successo i cambiamenti del mercato del lavoro e di partecipare appieno alla società e alla democrazia: questa la motivazione su cui si basa la proposta della Commissione europea di proclamare il 2023 Anno europeo delle competenze. Dal momento che la transizione verde e digitale sta aprendo nuove opportunità per i cittadini e per l’economia dell’Ue, affinché si tratti di una transizione socialmente ed economicamente equa è necessaria una forza lavoro dotata delle competenze richieste, sostiene la Commissione, perché ciò «contribuisce ad una crescita sostenibile, accresce l’innovazione e migliora la competitività delle imprese». Deve quindi essere migliorata la situazione attuale dell’Ue, che vede oltre tre quarti delle imprese incontrare difficoltà a trovare lavoratori con le competenze necessarie e solo poco più di un terzo degli adulti impegnato in attività di formazione, nonostante l’obiettivo 2030 dell’Ue indichi di raggiungere almeno il 60%. Inoltre, 4 adulti su 10 e una persona su 3 che lavora non dispongono delle competenze digitali di base, mentre si registra una carenza di competenze per 28 tipologie di attività lavorative, con carenza femminile in professioni e studi di natura tecnologica.

«Le competenze sono sinonimo di posti di lavoro di qualità. Con l’Anno europeo delle competenze abbiamo l’opportunità di gettare un ponte tra la formazione orientata al mercato del lavoro e la carenza di manodopera. Affinché la transizione sia veramente equa e inclusiva, abbiamo bisogno di investimenti massicci e immediati nelle competenze delle persone» ha dichiarato il commissario europeo per il Lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, mentre la commissaria europea per Innovazione, ricerca, cultura, istruzione e giovani, Mariya Gabriel, ha annunciato che con l’Anno europeo sarà sostenuto «un finanziamento più consistente, più efficiente e più inclusivo per la riqualificazione, le competenze e la formazione».

La proposta della Commissione sarà ora discussa da Parlamento europeo e Consiglio, tenendo conto dei pareri del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni.

Promuovere partecipazione e competitività

Al fine di favorire e incentivare l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, con l’Anno europeo 2023 la Commissione propone di seguire quattro obiettivi principali.

Il primo è di attivare investimenti «maggiori, più efficaci e inclusivi» per la formazione e il miglioramento del livello delle competenze, così da sostenere le persone nella mobilità professionale. In secondo luogo si ritiene che debba essere attivata una cooperazione con le parti sociali e le imprese in modo da garantire che le competenze siano adeguate alle esigenze del mercato del lavoro. Deve poi essere migliorata la corrispondenza tra le competenze e le aspirazioni dei cittadini con le opportunità offerte da un mercato del lavoro caratterizzato dalla transizione verde e digitale, dedicando particolare attenzione all’attivazione di un maggior numero di persone nel mercato del lavoro, soprattutto tra le donne e i giovani che non hanno un lavoro né seguono un percorso scolastico o formativo. Il quarto obiettivo della proposta di Anno europeo mira ad attrarre persone provenienti da Paesi terzi «che abbiano le competenze necessarie all’Ue», agevolando il riconoscimento delle qualifiche e rafforzando le opportunità di apprendimento e mobilità. La Commissione si impegna a segnalare le iniziative europee pertinenti, compresi i finanziamenti disponibili, al fine di sostenere l’adozione e l’attuazione delle attività necessarie alla realizzazione degli obiettivi, anche attraverso eventi e campagne di sensibilizzazione, nonché sviluppando l’analisi del fabbisogno di competenze.

Ces: competenze per lavori di qualità o precari?

«La sfida delle competenze è di fondamentale importanza, ma ci aspettiamo risultati e concretezza nelle politiche, non dichiarazioni di buone intenzioni» sostiene la Confederazione europea dei sindacati (Ces), osservando gli scarsi risultati ottenuti con gli ultimi due Anni europei (ferrovie 2021 e giovani 2022). «Se la narrazione vuole imporre ai lavoratori l’onere di essere preparati a passare da un lavoro all’altro, temiamo che questo non li convincerà» ammoniscono i sindacati europei, secondo cui «la politica più rassicurante è quella di riqualificare i lavoratori per mantenerli nella stessa azienda». Nei casi in cui ciò non sia possibile è importante concedere ai lavoratori un tempo sufficiente per la riconversione senza perdite finanziarie e mantenerli nello stesso settore occupazionale. La Ces considera inoltre un errore il concentrarsi troppo sulla mancata corrispondenza delle abilità: «Le aziende europee non mancano di lavoratori qualificati, non sono riuscite a offrire posti di lavoro di qualità. Il cosiddetto mismatch è spesso più legato a cattive condizioni di lavoro: salari bassi, contratti precari, mancanza di rispetto, orario di lavoro incompatibile con l’equilibrio tra lavoro e vita privata, mancanza di formazione dei dipendenti e sviluppo della carriera. Se l’Anno europeo delle competenze non guarda a tutto ciò, è chiaro che l’onere sarà sui lavoratori, non sulle imprese». Critici i sindacati europei anche sull’obiettivo di includere più donne e giovani lavoratori nel mercato del lavoro: «Ciò che manca alle donne e ai giovani nel mercato del lavoro sono i contratti a tempo pieno, la protezione sociale universale e servizi pubblici di qualità. Il riferimento all’attivazione è piuttosto delicato quando sappiamo cosa le politiche attive del mercato del lavoro hanno fatto negli ultimi due decenni a disoccupati e lavoratori malati: minacciare i loro redditi per fare accettare qualsiasi condizione di lavoro o lavori di bassa qualità». Così come, pur sostenendo sempre canali regolari per la migrazione per lavoro, la Ces ritiene che la priorità delle politiche sulle competenze dovrebbe essere quella di garantire le condizioni di lavoro e lo sviluppo per i lavoratori europei, i disoccupati e i migranti privi di documenti già presenti e che lavorano nell’Ue: «Lasciare le persone in situazioni di sfruttamento del lavoro è prima di tutto una negazione dei diritti umani, ma anche uno spreco di competenze per il bene delle politiche dell’occupazione e delle competenze».

Secondo la Ces, le strategie per le competenze non possono essere separate dalla creazione di posti di lavoro di qualità e dalle strategie di conservazione.

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