Migranti: salvaguardare i diritti
Dalle Agenzie internazionali un quadro non governabile con semplificazioni
Continua lo scontro tra il governo italiano e le Ong europee in materia di migrazioni nel Mediterraneo, il tutto accompagnato dal silenzio o quasi delle istituzioni europee.
L’ultimo caso verificatosi ha riguardato l’imbarcazione Sea Watch 3, che dopo 17 giorni di mare ha deciso di forzare il blocco imposto dalle autorità italiane e di portare in salvo nel porto di Lampedusa 42 migranti soccorsi in mare. La comandante dell’imbarcazione dell’Ong tedesca ha infatti deciso di violare una recente norma del governo italiano, criticata dall’Onu in quanto considerata non in linea con il rispetto dei diritti umani, attenendosi invece agli obblighi stabiliti dai trattati internazionali, secondo cui il diritto alla vita e il principio di non respingimento prevalgono sulle legislazioni nazionali. All’arrivo nel porto di Lampedusa la comandante è stata sottoposta ad arresti domiciliari in attesa di processo, iniziativa prontamente condannata da Amnesty International: «Sosteniamo la decisione presa dalla capitana Carola Rackete di anteporre la vita e la sicurezza delle persone salvate, come previsto da più fonti di diritto internazionale ratificate dall’Italia, al divieto di attracco imposto dal governo italiano. Seguiremo direttamente la vicenda processuale che la vede coinvolta, considerandola per questo suo gesto una difensora dei diritti umani, e agiremo in sua difesa». Amnesty ricorda che l’Italia, avendo ratificato la Convenzione sui rifugiati, agisce illegittimamente nel momento in cui «attua quelli che in tutta evidenza sono dei tentativi di respingimento collettivo». L’organizzazione per i diritti umani esprime quindi preoccupazione per l’atteggiamento del governo italiano che «attua una sistematica criminalizzazione dell’operato della società civile, senza alcun serio tentativo, a livello europeo, di creare canali legali per la migrazione né di assumersi, insieme con l’Unione europea, la responsabilità di garantire un sistema di soccorso efficace». Le istituzioni italiane ed europee sono così invitate da Amnesty International a rivedere le loro politiche in materia di ricerca e soccorso in mare, nonché di accoglienza e ridistribuzione dei migranti.
Necessaria un’adeguata protezione umanitaria
Per meglio comprendere il fenomeno delle migrazioni in corso nel Mediterraneo, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur-Unhcr) ha recentemente ricordato che, a causa di oltre 15 conflitti in corso nel continente africano, «migliaia di persone continueranno a spostarsi, spesso con informazioni imprecise e aspettative irrealistiche», affrontando seri pericoli e rischiando la morte a causa delle loro vulnerabilità e disperazione. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim-Iom) stima che siano almeno 597 le persone decedute o disperse nel Mediterraneo centrale e occidentale nei primi sei mesi del 2019, ma il numero di persone che hanno perso la vita lungo le rotte del traffico di esseri umani prima ancora di raggiungere le coste per imbarcarsi è probabilmente ancora più elevato. I sopravvissuti, poi, hanno subìto diffuse violazioni di diritti umani nel corso del proprio viaggio dall’Africa subsahariana all’Africa settentrionale, fra cui torture, pestaggi, estorsioni e schiavitù, mentre alcuni restano vittime delle reti del traffico e della tratta per oltre un anno. L’Unhcr dichiara che, nonostante gli sforzi delle organizzazioni umanitarie, i rischi e le violenze lungo le rotte continuano ad aumentare: «È sempre più elevato il numero di persone che hanno viaggiato lungo tali rotte e che soffrono a causa di condizioni di salute precarie e traumi psicologici». Di conseguenza, osserva l’Alto commissariato Onu, «molti fra quanti hanno percorso le rotte e che potrebbero non avere diritto allo status di rifugiati potrebbero comunque necessitare di altre forme di protezione umanitaria».
Aumentano le persone in fuga da guerre e persecuzioni
Per quanto concerne invece la situazione dei rifugiati è stato fornito un quadro generale dall’Unhcr il 20 giugno scorso, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato.
Il numero di persone in fuga da guerre, persecuzioni e conflitti ha superato i 70 milioni, il che corrisponde al livello più elevato registrato dall’Agenzia dell’Onu in quasi 70 anni di attività, una cifra doppia rispetto a quella di 20 anni fa e un aumento di 2,3 milioni di persone nell’ultimo anno di rilevazione. Un rifugiato su due è un minore, molti (111.000) soli e senza famiglia. Un dato che dovrebbe far riflettere sull’accoglienza, soprattutto l’Ue e i suoi Stati membri, è che mentre i Paesi ad alto reddito accolgono mediamente 2,7 rifugiati ogni 1.000 abitanti, i Paesi a reddito medio e medio-basso ne accolgono in media 5,8‰ e, in generale, i Paesi più poveri accolgono un terzo di tutti i rifugiati su scala mondiale. Inoltre, circa l’80% dei rifugiati vive in Paesi confinanti con i Paesi di origine. Nel 2018, una persona ogni 108 era rifugiata, richiedente asilo o sfollata, dieci anni prima la proporzione era di uno su 160.
La cifra di 70,8 milioni registrata dall’Unhcr è composta da tre gruppi. Il primo è quello dei rifugiati, cioè persone costrette a fuggire dal proprio Paese a causa di conflitti, guerre o persecuzioni, che nel 2018 hanno raggiunto 25,9 milioni. Il secondo gruppo è composto dai richiedenti asilo, persone al di fuori del proprio Paese e che ricevono protezione internazionale, in attesa dell’esito della domanda di asilo: 3,5 milioni alla fine del 2018. Il terzo gruppo, il più numeroso con 41,3 milioni di persone, è quello che include gli sfollati in aree interne al proprio Paese di origine (Internally displaced people – Idp).
Secondo l’Unhcr c’è una tendenza all’aumento del numero di persone che fuggono in cerca di sicurezza. «Se da un lato il linguaggio utilizzato per parlare di rifugiati e migranti tende spesso a dividere, dall’altro stiamo assistendo a manifestazioni di generosità e solidarietà, specialmente da parte delle stesse comunità che accolgono un numero elevato di rifugiati. Stiamo inoltre assistendo a un coinvolgimento senza precedenti di nuovi attori, quelli impegnati per lo sviluppo, aziende private e singoli individui» ha dichiarato l’Alto commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, secondo cui «dobbiamo ripartire da questi esempi positivi ed esprimere solidarietà ancora maggiore nei confronti di persone innocenti costrette ogni giorno ad abbandonare le proprie case».