Brexit: l’Ue tra emotività e scelte razionali
Le istituzioni europee cercano di rispondere ad una situazione nuova e inattesa
Rammarico per la situazione inedita venuta a crearsi, rispetto per l’esito referendario, fermezza nel definire al più presto nuovi rapporti e volontà di rafforzare l’unità dell’Ue nel perseguimento dei suoi valori fondamentali. Sono queste le prime reazioni dei vertici delle istituzioni europee ai risultati del referendum svoltosi il 23 giugno scorso nel Regno Unito che ha sancito l’uscita del Paese dall’Unione europea. Efficace la sintesi fatta dalla ministra olandese Hennis-Plasschaert intervenendo in un’animata sessione plenaria del Parlamento europeo il 28 giugno e dedicata all’esito del referendum britannico: «Allo stato attuale, la risposta non è più o meno Europa, ma un’Europa migliore. È chiaro che dobbiamo agire. La nostra Unione esiste solo se sostenuta dai milioni di cittadini e questo sostegno non può essere dato per scontato. Le sfide comuni che tutti noi affrontiamo non spariranno e nessun Paese sulla faccia della terra è in grado di affrontare queste sfide da solo».
Consiglio europeo a 27: unità e slancio a ulteriori riforme
Constatando come l’esito del referendum del Regno Unito crei una «situazione nuova» per l’Unione europea, i capi di Stato e di governo degli ormai 27 Stati membri, riuniti in un Consiglio europeo informale nei giorni 28 e 29 giugno, hanno sottoscritto una dichiarazione in cui affermano la loro determinazione «a rimanere uniti e a lavorare nel quadro dell’Ue per affrontare le sfide del ventunesimo secolo e trovare soluzioni nell’interesse delle nostre nazioni e dei nostri popoli». Per questo si sono detti «pronti ad affrontare tutte le difficoltà che possono sorgere dalla situazione attuale», nella consapevolezza che il voto britannico è frutto di un malcontento generale verso l’Ue e le sue istituzioni: «Molti esprimono insoddisfazione per la situazione attuale, sia a livello europeo che nazionale. Gli europei attendono da noi risultati migliori quanto a sicurezza, occupazione, crescita e speranza per un futuro migliore. Dobbiamo conseguire risultati al riguardo secondo modalità che ci uniscano, nell’interesse soprattutto dei giovani. Per questo motivo avviamo oggi una riflessione politica per imprimere slancio a ulteriori riforme, in linea con la nostra agenda strategica, e allo sviluppo dell’Ue con 27 Stati membri».
Istituzioni dell’Ue: fermezza nella difesa dei valori fondamentali
Qualche giorno prima si erano espressi in una dichiarazione congiunta i presidenti del Parlamento europeo, Martin Schulz, del Consiglio europeo, Donald Tusk, della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, e il presidente di turno del Consiglio dell’Ue, il primo ministro olandese Mark Rutte, sottolineando l’unità delle istituzioni europee nel far fronte a una situazione senza precedenti: «Rimarremo fermi nella difesa dei valori fondamentali dell’Ue: promuovere la pace e il benessere dei suoi cittadini. L’Unione di 27 Stati membri proseguirà il suo cammino e costituisce il quadro di riferimento del nostro comune futuro politico. Siamo uniti dalla storia, dalla geografia e da interessi comuni e su tale base svilupperemo la nostra cooperazione. Insieme affronteremo sfide comuni per favorire la crescita, incrementare la prosperità e garantire ai nostri cittadini un ambiente sicuro. Le istituzioni svolgeranno appieno il loro compito per conseguire tali obiettivi».
Juncker: ora non si devono commettere errori
Nel suo intervento alla plenaria dell’Europarlamento il presidente della Commissione europea Juncker ha affermato il diritto all’emotività del momento, ma contemporaneamente la necessità di scelte razionali: «L’Europa non è solo una questione di testa. Sì, dobbiamo rimanere razionali, ma quando siamo tristi ci dovrebbe essere consentito di dirlo. Sono rattristato da questo voto britannico e non lo nascondo. Questo non è sentimentalismo, è una mia profonda convinzione. Mi sarebbe piaciuto che il Regno Unito rimanesse per sempre con noi, ma si è deciso diversamente. Dobbiamo accettare le conseguenze». Così, ha sottolineato Juncker, ora non si devono commettere errori perché «dobbiamo rassicurare gli europei e coloro che ci stanno guardando da più lontano». Il presidente della Commissione ha quindi ribadito fermezza nei negoziati con il governo del Regno Unito per l’uscita dall’Ue, che devono escludere ogni trattativa segreta e avvenire invece solo in forma ufficiale e in piena trasparenza, aggiungendo: «Siamo noi a impostare l’ordine del giorno, non quelli che vogliono lasciare l’Ue». Infine Juncker ha sottolineato che «l’Europa non può essere spiegata solo guardando all’indietro» ma si debba anche guardare al futuro: «Non è il momento per il continente di frammentarsi di nuovo. All’inizio del 20° secolo, il 20% della popolazione mondiale era europeo; entro la fine del secolo gli europei costituiranno solo il 4% di una popolazione totale di 10 miliardi. Noi non siamo la potenza mondiale dominante. La quota di valore globale dell’Europa si ridurrà drasticamente e noi siamo il continente più piccolo: dobbiamo ricordare queste cose».
Ces: agire subito per un’Europa sociale più giusta ed equa
Commentando i risultati del referendum britannico, il segretario generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Luca Visentini, ha parlato di «un giorno buio per l’Europa, per il Regno Unito e per i lavoratori», aggiungendo come si sia trattato di un «campanello d’allarme per l’Ue» derivante dalla «profonda delusione» esistente in tutta Europa. Secondo la Ces «l’austerità, i tagli alla spesa pubblica, la disoccupazione, il fallimento dei governi nel soddisfare le esigenze delle persone, i fallimenti dell’Ue nel suo agire comune stanno alimentando tra le persone un atteggiamento contrario all’Ue». Per questo, osserva la Ces, «l’Ue deve agire con decisione per assicurare che questo non sia l’inizio della sua disgregazione: deve cominciare a portare benefici ai lavoratori, creare una società più giusta ed equa, investire in posti di lavoro di qualità, buoni servizi pubblici e reali opportunità per i giovani».