EDITORIALE
Nei giorni del G8 di Genova, nel luglio 2001, fu violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sancisce il divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti. Lo sostiene una sentenza pronunciata all’unanimità, il 7 aprile scorso, dai giudici della Corte europea dei diritti umani con sede a Strasburgo. La sentenza si riferisce a quanto avvenuto nei locali della scuola Diaz, ma è molto probabile che tale giudizio sarà ribadito a breve in merito ad alcuni ricorsi presentati da persone trattenute in quei giorni presso la caserma di Bolzaneto. Niente di nuovo, certo: decine di migliaia di persone avevano direttamente visto, e centinaia subito, quanto avvenuto in quei giorni; innumerevoli video e fotografie avevano documentato; Amnesty International l’aveva definita «una violazione dei diritti umani di proporzioni mai viste in Europa nella storia recente»; il Parlamento europeo aveva parlato di «sospensioni dei diritti fondamentali»; la stessa giustizia italiana, superando non poche difficoltà, è giunta a definire fatti e alcune responsabilità. Ma in 14 anni si è di fatto manifestata una tanto diffusa quanto grave impunità. La Corte, al proposito, ha «deplorato il fatto che la polizia italiana si sia rifiutata, impunemente, di fornire alle autorità competenti la collaborazione necessaria per l’identificazione di agenti che potrebbero essere stati coinvolti in atti di tortura». Sempre che tali forze di polizia non considerino questi atti «giovane vigoria» o «entusiasmo cameratesco», come avvenuto recentemente. Che dire poi di una classe politica italiana che in tutti questi anni non è riuscita a fare (o non ha voluto) una legge che riconosca il reato di tortura. Ben venga dunque una sollecitazione dall’esterno, che obblighi l’Italia a guardarsi allo specchio e vergognarsi almeno un po’. Intanto, ricordiamo le richieste contenute nell’appello “Mai più come al G8” presentato dalla società civile al Senato nel 2003, ancora attualissime perché finora inascoltate:
– istituire una Commissione di inchiesta parlamentare che faccia luce sulle modalità complessive della gestione dell’ordine pubblico durante il G8 di Genova;
– consentire l’identificazione del personale delle forze dell’ordine in servizio di ordine pubblico, stabilendo l’obbligo di utilizzare codici identificativi sulle uniformi;
– programmare un costante aggiornamento professionale delle forze dell’ordine ed attività didattiche finalizzate a promuovere i principi della nonviolenza, una coscienza civica e una deontologia professionale conformi alle loro funzioni difensive e nonviolente;
– escludere l’utilizzo, nei servizi di ordine pubblico e comunque dalla dotazione del personale delle forze dell’ordine, di sostanze chimiche ed incapacitanti;
– adeguare il nostro ordinamento alle Convenzioni internazionali in materia di diritti umani introducendo il reato di tortura.