Migrazioni: autocritica Ue
La Commissione ammette la necessità di «gestire meglio» l’immigrazione, il Parlamento definisce «insufficiente e inefficace» la politica europea
«La dura realtà che dobbiamo affrontare oggi è questa: l’Europa deve gestire meglio il fenomeno della migrazione, sotto tutti i suoi aspetti. È prima di tutto un imperativo umanitario» ha dichiarato il commissario europeo responsabile per la Migrazione, gli Affari interni e la Cittadinanza, Dimitris Avramopoulos, mentre il primo vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha aggiunto: «Finché il nostro vicinato sarà teatro di guerre e instabilità, le persone continueranno a rischiare la loro vita per arrivare sulle coste europee. Non esistono soluzioni facili a questo spinoso problema, ma è chiaro che la soluzione non può essere trovata a livello nazionale. La soluzione europea è l’unica possibile. Ci stiamo adoperando a fondo per mettere a punto un approccio globale nell’ambito di una nuova agenda europea sulla migrazione da presentare entro l’anno». Sono parole di buon senso, pronunciate il 19 febbraio scorso a Bruxelles durante la presentazione di nuove misure introdotte dall’esecutivo europeo per affrontare le problematiche legate ai crescenti flussi migratori diretti verso le coste meridionali dell’Ue. Soprattutto, è una di quelle rare volte in cui si sente fare da responsabili delle istituzioni dell’Ue una duplice ammissione: il fallimento delle politiche migratorie attuate finora e l’inevitabilità delle migrazioni se non si interviene seriamente sulle cause.
Due ovvie constatazioni, alla luce di quanto avviene da quasi 30 anni ai confini dell’Unione europea, da quando cioè con gli accordi di Schengen (1985) i Paesi europei hanno progressivamente esteso il cosiddetto Spazio di giustizia, libertà e sicurezza, abolendo i controlli alle frontiere interne e intensificandoli a quelle esterne. Ma raramente si erano udite in modo così chiaro da rappresentanti del governo dell’Ue, cioè la Commissione europea. Se ciò si tradurrà poi in una nuova e migliore politica migratoria è per ora solo un auspicio, ma almeno dalle dichiarazioni sembra essersi aperto uno spazio in questa direzione, con il commissario per le Migrazioni che ha aggiunto: «Non stiamo costruendo una “fortezza Europa”». In realtà, la “sensazione” di centinaia di migliaia di migranti e di organizzazioni e reti europee impegnate da anni per i diritti fondamentali è finora stata decisamente opposta, ma la nuova Commissione è insediata da poco e non resta che monitorarne il lavoro.
Alla luce di una situazione ingestibile, soprattutto nel Canale di Sicilia, e con i tragici risvolti quasi quotidiani di naufragi e vittime, la Commissione ha quindi annunciato il potenziamento della sua assistenza a favore dell’Italia. In primo luogo, l’operazione congiunta di Frontex, denominata Triton, sarà prorogata almeno fino alla fine del 2015. In secondo luogo, la Commissione ha erogato all’Italia 13,7 milioni di euro in finanziamenti di emergenza, attingendo al Fondo Asilo, migrazione e integrazione (Amif), dichiarandosi pronta a rispondere a eventuali richieste italiane di aumentare le risorse dell’operazione congiunta Triton. Per aiutare gli Stati membri a prepararsi a gestire l’elevata e potenzialmente prolungata pressione dovuta all’attuale instabilità in alcuni Paesi del vicinato mediterraneo, la Commissione ha inoltre comunicato che sta intensificando il controllo dell’attuazione delle raccomandazioni della Task Force per il Mediterraneo, di cui riferirà al Consiglio Affari interni di marzo. Tutto ciò, sottolinea la Commissione, si aggiunge al sostegno a favore dell’Italia destinato a fronteggiare le pressioni migratorie che ammonta a oltre 500 milioni di euro per il periodo 2014-2020.
«Abbiamo deciso di intensificare il nostro partenariato con i Paesi terzi lungo le principali rotte della migrazione nell’ambito della nostra cooperazione nei processi di Khartoum e Rabat. Ciò dovrebbe contribuire a smantellare le reti criminali di trafficanti e passatori, offrendo il massimo livello di protezione a coloro che ne hanno bisogno, a partire dalle regioni in crisi del vicinato» ha poi dichiarato l’Alta rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Federica Mogherini, sottolineando come il lavoro congiunto con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur-Unhcr) e con l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (Oim) sul reinsediamento «dovrebbe contribuire a stabilizzare la situazione nelle comunità di rifugiati nei Paesi terzi».
Le critiche delle organizzazioni
L’iniziativa della Commissione è giunta in seguito all’ennesima strage di migranti, verificatasi tra l’8 e il 9 febbraio scorso quando il naufragio di quattro imbarcazioni partite dalle coste libiche e dirette verso quelle europee di Lampedusa ha causato circa 300 morti e dispersi. La tragedia ha sollevato critiche alle politiche dell’Ue da parte di tutte le organizzazioni italiane ed europee impegnate per i diritti umani. Amnesty International, ad esempio, ha dichiarato che l’Unione europea e i suoi Stati membri devono «abbassare la testa per la vergogna». «La crisi umanitaria che aveva reso necessaria l’operazione Mare Nostrum non è finita. Mentre le persone continuano a fuggire dalla guerra e dalla persecuzione e centinaia di esse a morire in mare, gli Stati membri dell’Unione europea devono smetterla di nascondere la testa sotto la sabbia» ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. Secondo Amnesty basta fare una semplice equazione: «Se le persone che intraprendono viaggi pericolosi aumentano e le risorse destinate alla ricerca e al soccorso diminuiscono, vi sarà un numero maggiore di morti».
La stessa Amnesty International sezione italiana ha poi sottoscritto un comunicato congiunto con Ai.bi, Caritas Italiana, Centro Astalli, Fondazione Migrantes, Emergency, Intersos, Save the Children e Terre des Hommes in cui le organizzazioni hanno chiesto all’Unione europea e al governo italiano «un reale cambio di rotta nelle politiche sull’immigrazione». Secondo le organizzazioni «occorre aprire immediatamente canali sicuri e legali d’accesso in Europa, per evitare ulteriori perdite di vite in mare, che consentirebbe di gestire un fenomeno ormai stabile e probabilmente in aumento». Contemporaneamente, le organizzazioni hanno chiesto ai responsabili politici di Italia e Unione europea di rafforzare ulteriormente le operazioni di ricerca e soccorso in mare e di avviare politiche che garantiscano la protezione e la tutela dei diritti umani di rifugiati, migranti e richiedenti asilo che attraversano il Mediterraneo: «Non è più tempo di affrontare il fenomeno dei flussi migratori di persone in fuga da guerre, persecuzioni e povertà con azioni insufficienti e poco efficaci. L’Operazione Mare Nostrum ha ampiamente dimostrato che l’Europa può affrontare meglio questo problema, dando priorità alla ricerca e al salvataggio in mare. Tuttavia è necessario un impegno diverso e condiviso in tutta Europa che preveda il dispiegamento congiunto di mezzi e risorse, con approcci e strumenti realmente utili a salvare vite umane e non solo a pattugliare le nostre coste, oltre a politiche di immigrazione e asilo che diano priorità alla dignità delle persone».
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