La disoccupazione “morbida”

Eurostat ha esaminato tre forme di disoccupazione che non rientrano nella definizione dell’Ilo ma che costituiscono forza lavoro potenziale

Esiste un’“area” intorno alla disoccupazione che potrebbe essere definita come “potenziale forza lavoro aggiuntiva”, non rientra nella definizione di disoccupazione dell’Ilo (International Labour Office, la cui definizione comprende chi è senza lavoro, chi cerca attivamente lavoro e chi è disponibile a lavorare) ma può integrare l’indicatore del tasso di occupazione per fornire un quadro più completo del mercato del lavoro. Quest’area riguarda tre forme di disoccupazione “di fatto” esistenti nei Paesi dell’Ue: i lavoratori sottoccupati part-time, le persone senza lavoro in cerca di un posto di lavoro ma non immediatamente disponibili a lavorare e le persone senza lavoro disponibili a lavorare ma che non sono in cerca di lavoro. Mentre i lavoratori sottoccupati part-time fanno già parte della forza lavoro, le persone in cerca di lavoro ma non immediatamente disponibili e le persone disponibili a lavorare ma che non cercano lavoro sono al di fuori della forza lavoro, potrebbero quindi essere considerate appunto forza lavoro aggiuntiva potenziale. Questi tre gruppi, non focalizzati attraverso il tasso di disoccupazione, rappresentano a tutti gli effetti una forma di domanda di occupazione non soddisfatta presa in esame recentemente da Eurostat con uno studio approfondito.

Andamento più stabile rispetto alla disoccupazione classica

Mentre nell’Ue la disoccupazione è fortemente aumentata tra il 2008 e il 2013 a causa della crisi economica e finanziaria, le tre forme “morbide” di disoccupazione hanno registrato tendenze molto più stabili durante questo periodo turbolento. La percentuale di lavoratori sottoccupati a tempo parziale è cresciuta leggermente dal 3,1% del 2008 al 4,1% rilavato a metà 2014. La percentuale di persone disponibili ma non in cerca di lavoro ha seguito lo stesso andamento, raggiungendo il 3,8% nel secondo trimestre 2014. La percentuale di persone in cerca di lavoro ma non immediatamente disponibile è rimasta quasi invariata all’1%, mostrando nessun cambiamento evidente dall’inizio della crisi economica. Due fattori spiegano questa tendenza più stabile rispetto al tasso di disoccupazione, secondo l’analisi di Eurostat.

In primo luogo, i tre indicatori che integrano la disoccupazione riguardano gruppi di persone che non soddisfano contemporaneamente tutti i criteri della definizione di disoccupazione dell’Ilo. Questa definizione più morbida rende gli indicatori più stabili perché le persone in queste tre categorie sono meno propense a lasciare il gruppo. In secondo luogo, le persone in sottoccupazione e quelle disponibili al lavoro ma che non lo stanno cercando tendono ad avere ragioni strutturali per la loro situazione, ad esempio, perché credono che nessun lavoro sia disponibile o stanno adempiendo compiti domestici ecc. Nel caso invece di persone in cerca di lavoro ma non immediatamente disponibili la spiegazione è diversa, perché si tratta di un gruppo dinamico con elevata rotazione: il flusso di individui che entrano nella categoria è bilanciato dal flusso di coloro che ne escono, questo perché molti sono studenti che iniziano a cercare un lavoro prima della fine degli studi. C’è un deflusso abbastanza costante di studenti che terminano gli studi ed entrano nel mercato del lavoro (diventando occupati o disoccupati), bilanciato da un afflusso costante di studenti che si avvicinano alla fine dei loro studi e che vogliono lavorare ma non sono ancora disponibili a farlo.

OCCUPAZIONE: NIENTE DI NUOVO DAL VERTICE UE DI MILANO

«Mentre tutti i segnali economici sono in rosso e i principali economisti, così come il Fondo monetario internazionale, richiedono politiche diverse, i leader europei continuano ciecamente nella stessa direzione, ponendo l’onere a carico dei lavoratori e dei cittadini. Le richieste relative a un piano di investimenti che porti a una crescita sostenibile e a un’occupazione di qualità non hanno avuto echi positivi sui capi di Stato e di governo dell’Ue. Perciò questo Vertice sarà ricordato come un non-evento, perché non è cambiato nulla». Questo il commento del segretario generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Bernadette Ségol, al Vertice europeo sull’occupazione svoltosi a Milano l’8 ottobre scorso su iniziativa della presidenza italiana di turno dell’Ue. E in effetti si è trattato di un altro incontro interlocutorio, senza alcuna decisione concreta, nonostante il presidente uscente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, abbia ricordato a tutti che «la disoccupazione totale rimane intorno al 12% nell’area dell’euro e all’11% nell’Unione nel suo insieme: un livello inaccettabilmente elevato. La disoccupazione giovanile, poi, erode le basi per la crescita futura e si rischia una generazione perduta, si rischia di spianare la strada a una lunga stagnazione economica. Senza una forza lavoro qualificata, il posto dell’Europa nell’economia mondiale di domani è a rischio». Sulla questione della disoccupazione giovanile ha insistito anche il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, sottolineando che «rimane uno dei fenomeni più preoccupanti», mentre il presidente uscente della Commissione europea, Manuel Barroso, ha richiamato l’attenzione sulla crescita «debole e iniqua» mandando un messaggio agli Stati membri dell’Ue: «Per avere più crescita e maggiore occupazione andate avanti con le riforme». Barroso ha poi aggiunto: «La nostra priorità deve essere quella di utilizzare i fondi che abbiamo già stanziato per fornire posti di lavoro di qualità, formazione, apprendistato, ulteriore istruzione o assistenza nella ricerca del lavoro, soprattutto per i nostri giovani. In altre parole, per dare agli europei speranza per il futuro». È stata riaffermata, soprattutto dal commissario europeo uscente all’occupazione e affari sociali, László Andor, l’importanza della “garanzia per i giovani”, la riforma strutturale dell’Ue per migliorare la transizione scuola-lavoro secondo cui gli Stati membri devono garantire ai giovani under 25 apprendistato, tirocini, formazione o posti di lavoro di qualità entro 4 mesi dalla fine della scuola o dalla perdita del lavoro. «Il sostegno finanziario alla garanzia per i giovani deve essere considerato come un investimento importante per il futuro dell’economia e della società europea nel suo complesso» ha concluso il responsabile per l’occupazione dell’esecutivo europeo.
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Le differenze tra i Paesi dell’Ue

Tra gli Stati membri dell’Ue, secondo i dati di Eurostat relativi al secondo trimestre 2014, le percentuali di sottoccupati a tempo parziale sono più elevate a Cipro (8,1% della forza lavoro), in Spagna (7,2%) e in Irlanda (6%), mentre i tassi più bassi sono stati misurati in Repubblica Ceca (0,7%), Bulgaria ed Estonia (0,9% ciascuno). Rispetto alla situazione di un anno prima, l’incremento è stato particolarmente elevato a Cipro (2 punti percentuali) e in Slovenia (+0,7%), mentre in diversi Paesi il tasso è diminuito, particolarmente in Lettonia (-1,2%), Irlanda e Malta (-0,9% ciascuno).

L’indicatore relativo alle persone in cerca di lavoro ma non immediatamente disponibili è più alto in Svezia (3,8% della forza lavoro) e Finlandia (3%) e più basso in Ungheria (0,3%) e Repubblica Ceca (0,4%). Rispetto al 2013 questo indicatore è rimasto stabile in quasi tutti gli Stati membri, con un incremento oltre allo 0,2% solo in Croazia (+0,3%) e un decremento della stessa entità solo in Belgio (-0,3%).

Per quanto riguarda poi l’indicatore delle persone disponibili ma non in cerca di lavoro le differenze tra Stati membri sono più elevate: si passa da percentuali molto elevate in Italia (12,6%) e Croazia (8,3%) ad altre minime in Lituania (0,7%) e Repubblica Ceca (1,1%), con l’incremento più elevato nell’ultimo anno in Slovenia (+1,4%) e la riduzione più forte in Croazia (-2,5%).

In prevalenza donne

Nel 2013 nell’Ue si contavano circa 10 milioni di sottoccupati lavoratori part-time, 2,2 milioni di persone senza lavoro in cerca di un posto di lavoro ma non immediatamente disponibili e 9,3 milioni di persone disponibili ma non alla ricerca di lavoro.

Gli indicatori supplementari riguardano prevalentemente le donne, cosa che contrasta con una maggioranza di uomini sia nella categoria della disoccupazione (54,1% nell’Ue nel 2013) sia in quella dell’occupazione (54,2%). La predominanza femminile è più forte nel gruppo di sottoccupati lavoratori part-time, dove i due terzi sono donne (66,3%) per un totale di 6,6 milioni di donne rispetto ai 3,4 milioni di uomini nel 2013. Questo squilibrio, spiega Eurostat, rispecchia il divario di genere nel mondo del lavoro part-time (sottoccupati o non) dove le donne rappresentavano il 74% di tutti i lavoratori a tempo parziale nell’Ue nel 2013. Tuttavia, osserva Eurostat, mentre il numero di uomini sottoccupati è più basso, in termini relativi la quota di lavoratori a tempo parziale sottoccupati è più elevata tra gli uomini (29,5%) che tra le donne (20,4%).

C’è poi una prevalenza femminile anche tra le persone in cerca di lavoro ma non immediatamente disponibili (54,9%, ossia 1,2 milioni di donne rispetto a 1 milione di uomini) e tra le persone disponibili al lavoro ma non alla ricerca (57,4%, ossia 5,3 milioni di donne e 4 milioni di uomini).

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Tabella 2