Un nuovo percorso per l’Ue
È la proposta avanzata dalla Confederazione europea dei sindacati con una Campagna che prevede un’euromanifestazione il prossimo 4 aprile
«Noi del movimento sindacale non crediamo che la crisi sia finita. Dobbiamo chiederci seriamente chi oggi è fuori dai guai, il sistema finanziario o i cittadini? L’Europa è estremamente debole nella sua dimensione sociale e i cittadini non condividono affatto il tipo di percorso che l’Ue sta seguendo. Se non cambia rotta, questa Unione europea sarà valutata negativamente dai suoi cittadini. I leader politici europei devono dimostrare la volontà di proteggere i lavoratori, non solo la libertà di mercato, devono garantire e rafforzare la protezione sociale». Sulla base di queste motivazioni, esposte dal suo segretario generale Bernadette Ségol, la Confederazione europea dei sindacati (Ces) ha lanciato la campagna “Un nuovo percorso per l’Europa” che, supportata da un Piano per gli investimenti, la crescita sostenibile e l’occupazione di qualità e da un Manifesto per le elezioni europee, culminerà con una euromanifestazione che si terrà a Bruxelles il 4 aprile prossimo. L’obiettivo centrale dell’iniziativa sindacale è di sostenere in vario modo la dimensione sociale dell’Ue e contrastare qualsiasi tentativo di perseguire politiche che peggiorano il livello di diritti, i salari e le condizioni di lavoro.
Fermare la “spirale verso il basso”
Nel suo Piano per il rilancio dell’Europa, approvato dal Comitato esecutivo nel novembre scorso, la Ces osserva come sia «allarmante» la situazione economica e sociale nell’Unione europea, in particolare nei Paesi in maggiore difficoltà. Deplorando l’aumento delle disuguaglianze e gli squilibri geografici, l’aumento della disoccupazione in particolare tra i giovani, la riduzione dei consumi, la coesione sociale messa a repentaglio, la crescente instabilità politica, l’ascesa di gruppi anti- europeisti e il crollo di vari mercati locali, i sindacati europei ritengono che questo sia «il risultato delle politiche di austerità che hanno incoraggiato la privatizzazione dei servizi pubblici, i tagli dei salari, delle pensioni e dei sistemi di Welfare». In questa «spirale verso il basso», la recessione minaccia di diffondersi in tutto il continente con un impatto sull’economia globale, mentre le politiche adottate finora hanno esacerbato le divergenze economiche e politiche nell’Ue invece di superarle. Nei Paesi più colpiti poi, sottolinea la Ces, la disperazione di molti lavoratori porta alla migrazione dei cittadini in cerca di occupazione temporanea o permanente in altri Stati membri dell’Ue o vicini e al di fuori del mercato del lavoro regolamentato, creando una situazione di mobilità forzata piuttosto che la desiderata libertà di movimento. Considerando anche l’evoluzione demografica, la scarsità delle risorse naturali, l’aumento dei prezzi dell’energia, il ruolo delle economie emergenti nel commercio mondiale, le incertezze continue nel settore finanziario, risulta evidente come per l’Ue «il compito più urgente consista nel contrasto della recessione e della stagnazione economica. Serve una forte ripresa, sostenuta da un solido settore finanziario al servizio dell’economia reale: questo è il modo per garantire finanze pubbliche sostenibili. Il consolidamento dei bilanci pubblici dovrebbe avvenire in fasi economiche stabili e in periodi di tempo più lunghi, dovrebbe essere socialmente equo e garantire servizi pubblici di qualità». Un obiettivo che secondo la Ces può essere perseguito, a patto di consentire maggior flessibilità sul deficit pubblico e/o introducendo la possibilità di non sottoporre investimenti produttivi specifici ai vincoli di bilancio del Patto di stabilità.
Piano di recupero per la crescita sostenibile
La Ces ritiene che l’Unione europea abbia il potenziale per combattere e superare questa crisi, ma ciò implica una valorizzare dei propri punti di forza attraverso «un Piano di recupero a lungo termine». L’Europa, sostengono i sindacati europei, ha «urgente bisogno di prendere una nuova direzione per il futuro» e ciò è possibile solo attraverso una maggior cooperazione. Serve un Piano di recupero per la crescita sostenibile e posti di lavoro dignitosi: «Uno stimolo a breve termine non è più sufficiente. Abbiamo bisogno di una prospettiva a lungo termine per superare le difficoltà e le divisioni nell’Ue. Per questo proponiamo l’obiettivo di investire un ulteriore 2% annuo del Pil dell’Ue per un periodo di 10 anni». Tale investimento dovrebbe:
• garantire posti di lavoro dignitosi e di qualità, soprattutto per i giovani;
• essere sostenibile, progettato in modo da mantenere la coesione delle società europee e affrontare adeguatamente le sfide ecologiche, sociali e demografiche;
• essere controllato democraticamente;
• essere un progetto sovranazionale pan-europeo piuttosto che la somma degli stimoli nazionali;
• permettere l’attuazione di misure necessarie a breve termine nel contesto delle sfide a lungo termine, che continuano anche durante una ripresa economica;
• impostare le regole per il mercato e fornire orientamenti politici, anche guidando gli investimenti privati verso progetti innovativi per il futuro;
• mettere gli Stati membri nella condizione di generare reddito fiscale per la fornitura di servizi pubblici e la riduzione del debito pubblico;
• contribuire alla redistribuzione del reddito per contrastare le disuguaglianze e combattere la povertà a livello nazionale ed europeo;
• andare di pari passo con politiche fiscali che possono incoraggiare gli investimenti per la crescita dell’occupazione di qualità e comportamenti socialmente responsabili da parte delle imprese.
I progetti di investimento a livello europeo dovrebbero essere sviluppati in collaborazione con i progetti di investimento nazionali, sostiene la Ces secondo cui dovrebbero avere priorità gli investimenti che hanno il maggiore impatto sull’attività economica nazionale.
Il circolo virtuoso degli investimenti
Questo Piano di recupero, spiega la Ces, dovrebbe essere gestito da un ente europeo, esistente o creato appositamente, sottoposto a controllo democratico (con il coinvolgimento delle parti sociali), che potrà aprire l’accesso al finanziamento in tutta l’Ue ed emettere obbligazioni europee a lungo termine con tassi di interesse relativamente bassi come base per il finanziamento degli investimenti.
«Il metodo standard dovrebbe essere investimenti diretti, prestiti a basso interesse, contributi agli investimenti e/o obbligazioni di progetto. Questi seguiranno domande da parte delle imprese, dei governi nazionali, delle autorità regionali e locali e di altre organizzazioni negli Stati membri. Il successo dipende quindi da un flusso soddisfacente di progetti convincenti» spiega la Ces, secondo cui l’ente gestore dovrebbe disporre di un capitale proprio derivante da varie fonti, tra le quali anche la tassazione delle rendite finanziarie e l’utilizzo dei fondi strutturali non spesi.
Sottolineando come non vi sia alcuna necessità di aumentare le aliquote fiscali o introdurre nuove tasse, la Ces prevede che un piano di investimenti a lungo termine dovrebbe aumentare il reddito nazionale e i livelli occupazionali. Inoltre, la proposta di aumento degli investimenti del 2% del Pil dell’Ue ogni anno dovrebbe rilanciare ulteriori investimenti privati. Nel lungo periodo, poi, l’offensiva portata dall’investimento in termini di una revisione radicale delle economie nazionali europee in materia di politica energetica potrebbe produrre fino a 11 milioni di nuovi posti di lavoro a tempo pieno, sostiene la Ces, secondo cui la crescita quantitativa e un elevato livello di occupazione creerebbero la base migliore per ridurre i livelli di debito: «Il nostro piano andrà a beneficio dei Paesi dell’Ue, dal momento che questi riceveranno ulteriore impulso per la crescita e l’occupazione e potranno utilizzare questo per generare un più elevato gettito fiscale diretto e indiretto dalle imposte sui redditi, l’Iva, le imposte sulle società, nonché dai contributi previdenziali e dai tagli sul costo della disoccupazione».
INFORMAZIONI: http://www.etuc.org/