Dialogo sociale vittima della crisi

L’attuale crisi economica compromette seriamente il dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro e i governi, mentre le riforme adottate recentemente dai governi non sono sempre state accompagnate da un dialogo sociale pienamente efficace, con la conseguenza che le relazioni industriali sono sempre più conflittuali in Europa. È quanto rileva una Relazione pubblicata a inizio aprile dalla Commissione europea. «Il dialogo sociale è soggetto a crescenti pressioni nell’attuale contesto di calo della domanda macroeconomica, di inasprimento fiscale e di tagli della spesa pubblica. Dobbiamo rafforzare il ruolo delle parti sociali a tutti i livelli, se vogliamo uscire dalla crisi e preservare i vantaggi del modello sociale europeo» ha dichiarato LászlóAndor, commissario europeo per l’Occupazione, gli Affari sociali e l’Inclusione, aggiungendo: «Un dialogo sociale ben strutturato è altresì indispensabile per rispondere alle sfide del cambiamento demografico e per riuscire a migliorare le condizioni di lavoro e a rafforzare la coesione sociale. Il dialogo sociale deve essere intensificato negli Stati membri dell’Europa centrale e orientale, dove è sensibilmente più debole».

La Commissione ritiene di cruciale importanza che i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro (parti sociali) partecipino attivamente all’elaborazione delle riforme della pubblica amministrazione, dal momento che le soluzioni individuate attraverso il dialogo sociale sono in genere più ampiamente accettate dai cittadini, più facili da attuare nella pratica e meno atte a suscitare conflitti. «Accordi consensuali, con l’intervento delle parti sociali, contribuiscono quindi a garantire la sostenibilità a lungo termine delle riforme economiche e sociali» afferma la Commissione, secondo cui «un dialogo sociale ben strutturato può contribuire effettivamente alla resilienza economica dell’Europa».

Potenzialità del dialogo sociale

Di fatto, osserva la Relazione, i Paesi con un dialogo sociale consolidato e istituzioni di relazioni industriali forti sono generalmente quelli in cui la situazione economica e sociale è più solida e meno soggetta a pressioni. Le potenzialità del dialogo sociale nella risoluzione dei problemi possono contribuire a superare l’attuale crisi.

La Relazione illustra quindi in che modo i risultati del dialogo sociale europeo possono incidere concretamente sulla vita lavorativa dei cittadini europei, ad esempio migliorandone le condizioni di lavoro e la salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

In considerazione dei tagli della spesa pubblica in numerosi Stati membri, la Relazione affronta essenzialmente i rapporti di lavoro nel settore pubblico: amministrazione pubblica, istruzione e assistenza sanitaria. I governi hanno considerato prioritari gli incrementi di efficienza nella ristrutturazione del settore pubblico. In alcuni Paesi, nota la Relazione, questo processo ha continuato il suo corso seguendo un approccio più equilibrato che suscita minori tensioni e conserva così il margine per soluzioni collettive tra i sindacati e il settore pubblico. In altri Paesi i metodi scelti per attuare decisioni hanno spesso escluso il ricorso al dialogo sociale. «Tale tendenza non si registra unicamente nei Paesi che beneficiano dell’assistenza finanziaria dell’Ue e del Fondo monetario internazionale» sottolinea la Relazione, osservando che di conseguenza, in molti Stati membri, «l’inasprimento fiscale e i tagli della spesa pubblica hanno generato un’ondata di vertenze di lavoro e hanno messo in evidenza la natura contestata di alcune delle misure di riforma che non sono passate al vaglio del dialogo sociale».

Europa centrale e orientale

La Relazione analizza inoltre in profondità lo stato del dialogo sociale in Europa centrale e orientale. Benché esista una grande diversità tra i Paesi di questa area, essi presentano tutti, ad eccezione della Slovenia, istituzioni di relazioni industriali fragili e frammentate. Alcune riforme pregiudicano effettivamente il coinvolgimento delle parti sociali nell’introduzione dei cambiamenti. La Relazione dimostra che la rivitalizzazione dei sistemi nazionali di relazioni industriali al fine di promuovere e ripristinare il consenso è indispensabile per garantire la sostenibilità a lungo termine delle riforme economiche e sociali in atto.

Nella Relazione sono state esaminate altre questioni, in particolare il coinvolgimento delle parti sociali nella riforma del regime di disoccupazione e pensionistico e nella transizione verso un’economia più sostenibile e meno dipendente dai combustibili fossili. Mentre in Paesi come il Belgio, la Francia, i Paesi Bassi e la Spagna i sindacati hanno partecipato al processo di riforma pensionistica, in altri il ruolo delle parti sociali è stato minimo, il che ha generato conflitti. Per quanto riguarda il cambiamento climatico, la Relazione rileva che le attività delle parti sociali in questo settore si intensificano.

Informazioni: http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catI d=329&langId=en

BOLLETINO TRIMESTRALE: SITUAZIONE SOCIALE DETERIORATA


Continuano ad aumentare le divergenze tra gli Stati membri dell’Ue, con mercati del lavoro segnati da una crescente disoccupazione e pesanti sfide sociali da affrontare, mentre la situazione di molte famiglie e dei giovani in particolare si è nettamente deteriorata. Questo il preoccupante bilancio contenuto nell’edizione di marzo del bollettino europeo trimestrale “Eu Employment and Social Situation QuarterlyReview”, che fornisce una panoramica degli sviluppi del mercato europeo del lavoro e della situazione sociale nell’Unione europea, sulla base dei più recenti dati disponibili.

L’occupazione è in netta diminuzione dalla metà del 2011, con sviluppi positivi evidenti solo nel lavoro a tempo parziale. La disoccupazione è aumentata ulteriormente nel gennaio 2013, in particolare nella zona euro, con un numero di disoccupati che ha superato abbondantemente i 26 milioni nell’intera Unione e quasi un giovane su quattro senza lavoro tra quelli economicamente attivi.

L’edizione di marzo di “QuarterlyReview” mette in evidenza gli effetti che i recenti tagli alla spesa pubblica hanno avuto sulla situazione occupazionale e sociale in un certo numero di Stati membri. L’inasprimento fiscale ha interessato anche l’occupazione in modo diretto (pubblico impiego) e indiretto (domanda aggregata). La modifica dei sistemi fiscali e previdenziali e i tagli nei salari del settore pubblico hanno portato a significative riduzioni del livello dei redditi reali delle famiglie, mettendo una pesante pressione sulle condizioni di vita delle famiglie a basso reddito.

Informazioni:http://ec.europa.eu/social/home.jsp?langId=it

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