Europrotesta

La vignetta di Steve
La vignetta di Steve

Le politiche di austerity adottate negli ultimi anni dall’Unione europea e dai suoi Stati membri nel tentativo di risanare le finanze pubbliche hanno paralizzato l’economia reale e messo in forte discussione il cosiddetto modello sociale europeo, con gravi conseguenze sulle condizioni socio-economiche e sui diritti di milioni di cittadini dell’Ue. Da qui nasce e si diffonde un malcontento generale che attraversa ormai tutti i Paesi dell’Ue e che si è manifestato chiaramente lo scorso 14 novembre, quando si è svolta la prima vera mobilitazione europea (a cui dedichiamo l’inserto di questo numero) che, su iniziativa della Confederazione europea dei sindacati (Ces), ha coinvolto milioni di persone in scioperi, manifestazioni e altre iniziative di protesta avvenute contemporaneamente e sulla base di una piattaforma comune.

«L’Europa ha un debito sociale, non solo monetario. La promessa di una rapida ripresa è stata vana e oggi oltre 25 milioni di europei sono senza lavoro con punte di disoccupazione giovanile che in alcuni Paesi superano il 50%. Le misure di austerità adottate stanno trascinando l’Europa in una stagnazione economica, anzi in recessione, e lungi dal ristabilire la fiducia servono solo a peggiorare gli squilibri e le ingiustizie» hanno denunciato i sindacati europei, secondo i quali la recessione può essere arrestata solo se i vincoli di bilancio sono allentati e gli squilibri eliminati, «al fine di realizzare una crescita economica sostenibile e la coesione sociale nel rispetto dei valori sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali».

Si è così giunti a un passaggio fondamentale per la costruzione europea, perché riguarda la visione di un’Unione europea che se continua a essere concentrata prevalentemente sulle questioni economico-finanziarie non avrà un gran futuro. Lo dimostrano le divisioni politiche degli ultimi mesi, con i governi europei che di fronte alle difficoltà della crisi hanno dimostrato scarsa unità e solidarietà proprio sulla materia che ha di fatto rappresentato finora l’unico collante dell’Unione. Ma lo dimostra anche e soprattutto la crescente insofferenza sociale: se non saranno date risposte politiche certe e segnali chiari alle istanze avanzate dai cittadini e dalle varie organizzazioni sociali la fiducia nel progetto europeo è destinata a svanire e le tensioni sociali ad aumentare.

«Dobbiamo cambiare rotta immediatamente perché la situazione sociale è urgente»  ha dichiarato la responsabile della Confederazione europea dei sindacati, Bernadette Segol. Già, ma verso quale direzione? Senza una reale Unione europea, politica, economica, sociale, veramente democratica e partecipativa, sarà impossibile fare sintesi su valori condivisi e scegliere una direzione unica, più probabile è la frammentazione e l’affermazione dei particolarismi a scapito della solidarietà e della coesione sociale.

I sindacati europei, che in questa fase hanno il merito di intercettare e canalizzare quote importanti di protesta sociale, ritengono che il cambio di direzione debba essere in linea con tre pilastri fondamentali del progetto sociale: «Il dialogo e la contrattazione collettiva, la governance economica per la crescita sostenibile e l’occupazione, la giustizia sociale, fiscale ed economica».

Ricordando che l’Unione europea ha il mandato di perseguire «lo sviluppo sostenibile dell’Europa basato su una crescita economica equilibrata e la stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato, mirando alla piena occupazione, al progresso sociale, a un elevato livello di protezione e miglioramento della qualità dell’ambiente», la Confederazione europea dei sindacati esorta l’Unione europea a concentrarsi su politiche che migliorino le condizioni di vita e di lavoro, sulla qualità dell’occupazione, su retribuzioni eque, sulla parità di trattamento, su un dialogo sociale efficace, sui diritti umani e sindacali, su servizi pubblici di qualità e sulla tutela sociale (compresi sanità e pensioni eque e sostenibili) nonché su una politica industriale volta a favorire una giusta transizione verso un modello di sviluppo sostenibile.

Per questo i sindacati europei propongono che sia stipulato un Patto sociale per l’Europa, che permetta di attuare queste politiche e quindi di dare fiducia ai cittadini in un futuro comune.

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