In calo le migrazioni internazionali
Se a livello di Unione europea i dati 2010 raccolti da Eurostat mostrano un aumento generale degli stranieri residenti, tra nati all’estero che hanno poi acquisito la cittadinanza del Paese di residenza, immigrati da altri Stati membri dell’Ue oppure da Paesi terzi, a livello globale l’International Migration Outlook 2011 pubblicato in luglio dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) evidenzia per il secondo anno consecutivo un calo delle migrazioni internazionali, come conseguenza della crisi e della relativa riduzione di domanda di lavoro nei Paesi che costituiscono l’Organizzazione.
Nel corso del 2009 l’Ocse ha infatti registrato un calo dell’immigrazione del 7%, che equivale a circa 4,3 milioni di persone in meno rispetto all’anno precedente, e stando alle prime indicazioni provenienti dai dati raccolti a livello nazionale l’andamento sembra confermato per il 2010. Si tratta di una diminuzione particolarmente pronunciata in alcuni Paesi europei (quali Repubblica Ceca, Spagna, Italia, Irlanda e Svizzera) e in vari Paesi del continente asiatico membri dell’Ocse.
Particolarmente sensibile al calo della domanda di lavoro è la migrazione per lavoro temporaneo, che nel 2009 si è ridotta del 17%. La riduzione dei flussi è comunque «più contenuta di quanto la severità della crisi lasciasse prevedere» osserva l’International Migration Outlook 2011, dal momento che soprattutto in Europa le concomitanti tendenze all’invecchiamento demografico e alla riduzione della fertilità rendono comunque necessario l’innesto di forza lavoro immigrata sia in profili qualificati sia in profili non qualificati.
«La domanda di migrazione lavorativa riprenderà» ha dichiarato il segretario generale dell’Ocse in occasione della presentazione del Rapporto, invitando i poteri pubblici «ad ampliare i circuiti legali delle migrazioni e a favorire un migliore utilizzo delle competenze dei migranti».
La crisi ha colpito in particolare i lavoratori impiegati nel settore dell’edilizia e della vendita al dettaglio, mentre nuove opportunità per i migranti sono venute a crearsi in settori quali l’educazione, i servizi alla persona, i sevizi di cura e il lavoro domestico. Ciò ha determinato un aumento delle migrazioni femminili a compensazione delle perdite occupazionali registrate nella popolazione migrante maschile.
Un’altra tendenza messa in luce dal Rapporto è quella relativa all’imprenditorialità migrante: anche su questo aspetto i poteri pubblici sono chiamati a fare la loro parte «rimuovendo gli ostacoli alla creazione e allo sviluppo di impresa da parte dei migranti» come motore per la creazione di nuove opportunità occupazionali.
Se le migrazioni per motivi di lavoro sono in calo, sono invece in aumento quelle per motivi di studio che nel 2008, ultimi dati disponibili, hanno riguardato 2, 3 milioni di persone (+5%) destinate, almeno per il 25%, a rimanere nei Paesi di accoglienza al termine degli studi costituendo così un’importante «riserva di manodopera qualificata».
Per quanto riguarda i Paesi di origine dei lavoratori migranti il Rapporto indica ai primi posti la Cina (9% del totale dei flussi), seguita da Romania (5%), India (4,5%) e Polonia (4%).
A partire dalle rilevazioni statistiche l’Ocse formula quattro raccomandazioni per la gestione dei flussi migratori, chiedendo ai poteri pubblici di «sottolineare agli occhi del grande pubblico gli aspetti positivi delle migrazioni» in modo da non compromettere l’uguaglianza di opportunità per i migranti e per le loro famiglie. È inoltre necessario «ampliare la cooperazione tra l’Ocse e i Paesi di origine e tra governi e soggetti datoriali» al fine di facilitare il reclutamento di manodopera entrata legalmente nei Paesi di accoglienza, contrastare le migrazioni illegali e stimolare lo sviluppo dei Paesi di origine dei migranti. La terza raccomandazione è relativa al «rafforzamento dei programmi di integrazione», pratica che deve essere vista come «investimento di lungo periodo più che come costo immediato».
Infine l’Ocse invita i governi a «dare a ciascuno un’opportunità», facilitando e incoraggiando i processi di naturalizzazione.
INFORMAZIONI: www.oecd.org