No ai controlli effettuati dalle compagnie aeree

Ottobre 2010

«Le compagnie aeree non sono autorità preposte all’immigrazione» ha dichiarato il 12 ottobre scorso il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, denunciando che molti Paesi europei cercano di ridurre l’immigrazione minacciando indebitamente di infliggere sanzioni alle compagnie aeree e ad altre aziende di trasporto.

Secondo Hammarberg, per limitare gli ingressi nel loro territorio le autorità pubbliche di vari Paesi europei «trasferiscono pesanti responsabilità ai vettori», così da costringere il personale delle compagnie aeree a decidere se autorizzare o meno una persona a imbarcarsi su un aereo o su una nave, «pur non disponendo assolutamente delle competenze necessarie per garantire ai rifugiati i diritti loro riconosciuti dal diritto internazionale». Questa pratica costituisce un serio ostacolo per un rifugiato che ha bisogno di protezione internazionale, poiché le persone esposte al rischio di tortura o di repressione non sempre dispongono di documenti di viaggio in regola, «tanto più se hanno il timore di essere perseguitate dalle autorità nazionali, che controllano il rilascio dei passaporti e degli altri documenti di viaggio». Così, ha osservato il commissario del Consiglio d’Europa, per raggiungere un luogo in cui potranno essere al sicuro i rifugiati possono essere costretti a ricorrere ai servizi dei trafficanti di persone, che procurano loro documenti falsi per ingannare la sorveglianza dei vettori.

Le responsabilità dei vettori e le sanzioni previste nei loro confronti in caso di inosservanza, come pure l’obbligo di visto, rientrano nel generale inasprimento delle normative e delle prassi in materia di asilo e di immigrazione introdotto da numerosi Paesi europei nel tentativo di ridurre i flussi migratori. Le disposizioni relative agli obblighi imposti ai vettori sono stabilite in Europa dalla Convenzione di Schengen del 1985 e dalla direttiva del Consiglio 2001/51/CE: i vettori sono tenuti a prendere tutte le misure necessarie per accertarsi che uno straniero trasportato per via aerea o marittima sia in possesso dei documenti di viaggio richiesti per l’ingresso nello spazio Schengen. Se l’ingresso è rifiutato allo straniero, il vettore che lo ha condotto deve farsene carico immediatamente e provvedere in particolare a ricondurlo nel Paese di partenza. Inoltre il vettore può essere passibile di sanzioni «dissuasive, efficaci e proporzionate», che siano applicate «senza pregiudicare gli obblighi degli Stati membri in caso di richiesta di protezione internazionale da parte di un cittadino di un Paese terzo».

Tuttavia, sottolinea Hammarberg, «il personale degli aeroporti non ha le competenze necessarie per garantire ai rifugiati i diritti loro riconosciuti dal diritto internazionale. La responsabilità di stabilire se questo o quel migrante debba avere o meno la possibilità di entrare nel territorio non deve gravare sulle spalle di un vettore pubblico o privato, perché chiaramente non è suo compito, né dispone dei mezzi per svolgerlo». Tali pratiche, osserva il rappresentante del Consiglio d’Europa, rischiano di violare il diritto internazionale, che vieta agli Stati di rinviare una persona in un territorio in cui potrebbe essere esposta al rischio di tortura, o a serie minacce per la sua incolumità o la sua libertà, e possono pertanto provocare violazioni dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che vieta la tortura e le pene o i trattamenti inumani o degradanti.

«La lotta contro l’immigrazione clandestina non deve essere condotta a scapito di coloro che hanno buone ragioni per cercare una protezione» conclude Hammarberg, secondo il quale «è necessario che l’Europa modifichi completamente i propri meccanismi di controllo delle migrazioni».

INFORMAZIONI: http://www.coe.int/t/commissioner/default_en.asp

LE POLITICHE D’ASILO EUROPEE IGNORANO I MINORI

«Le politiche di asilo in Europa in gran parte ignorano i minori, che dovrebbero invece essere tutelati meglio dai governi europei» secondo Thomas Hammarberg, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa che nel settembre scorso ha lanciato l’allarme sulla condizione dei minori migranti.

I bambini migranti, ha osservato il commissario del Consiglio d’Europa, sono spesso ascoltati e trattati «come se fossero beni appartenenti ai loro genitori», dimenticando che in molti casi «essi potrebbero avere le loro ragioni per chiedere protezione». Quando i bambini arrivano in un gruppo di famiglia migrante, infatti, i genitori sono regolarmente intervistati circa i motivi della domanda d’asilo, mentre spesso i minori non hanno la possibilità di precisare i motivi. Quando poi giungono in un Paese non accompagnati, «le autorità tendono a concentrarsi solo sul modo di riportarli ai loro genitori, ignorando che essi in molti casi sono fuggiti dal loro Paese con il pieno sostegno delle famiglie».

Il principio del miglior interesse del minore deve invece guidare il processo di asilo, sottolinea Hammarberg, spiegando: «Ogni bambino deve essere considerato come un individuo e molta considerazione deve essere data alla sua situazione particolare», per questo devono essere superati i problemi di lingua e le barriere culturali e devono essere nominati dei tutori a difesa degli interessi dei singoli minori. Ciò è di fondamentale importanza perché, ha aggiunto il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, «le risposte date da parte dei governi ai bisogni dei bambini rifugiati hanno profonde implicazioni per il loro futuro».

Qualche giorno prima lo stesso commissario aveva denunciato la situazione della Grecia, dove i richiedenti asilo si trovano di fronte a enormi difficoltà e non godono delle garanzie basilari. Per questo, ha auspicato Hammarberg, è necessario sospendere i loro trasferimenti in questo Paese. Presentando le sue osservazioni di fronte alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, il commissario del Consiglio d’Europa ha osservato che le disposizioni legislative e le prassi seguite in Grecia in materia di asilo non sono conformi alle norme internazionali ed europee sulla garanzia dei diritti umani. Infatti, ha sottolineato Hammarberg, i richiedenti asilo in Grecia continuano ad affrontare «enormi difficoltà» per avere accesso alla procedura di domanda di asilo, non godono sempre di garanzie quali l’assistenza di un interprete e la consulenza legale, mentre le vie di ricorso di cui dispongono attualmente per contestare il rifiuto della domanda «non possono essere considerate effettive». Desta particolare preoccupazione il fatto che richiedenti asilo trasferiti in Grecia «rischiano di essere rinviati verso Paesi pericolosi per la loro incolumità», oltre al fatto che le condizioni di accoglienza in Grecia «sono lungi dall’essere soddisfacenti».

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