Chiesta stabilità economica agli Stati membri dell’Ue

La Commissione europea ha esaminato i programmi di stabilità e di convergenza economica di 14 Paesi dell’Ue, valutazioni effettuate alla luce della crisi economico-finanziaria e delle sue ripercussioni sulle finanze pubbliche.

La stragrande maggioranza degli Stati membri si trova infatti soggetta alla procedura per i disavanzi eccessivi avviata con le relative decisioni adottate dal Consiglio nel 2009. I 14 Paesi presi in esame sono: Austria, Belgio, Bulgaria, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovacchia, Spagna e Svezia. Tra questi, solo Bulgaria ed Estonia prevedono di mantenere il disavanzo pubblico al di sotto del valore di riferimento del 3% del Pil fissato dal Patto di stabilità e crescita. Per la maggioranza dei quattordici programmi, invece, le ipotesi di crescita relative alle proiezioni di bilancio sono piuttosto ottimistiche, il che implica che i risultati di bilancio potrebbero essere peggiori dell’obiettivo fissato. Inoltre, osserva la Commissione, in molti casi la strategia di risanamento del bilancio non è adeguatamente sostenuta da misure concrete per il 2011 e oltre.

Per quanto riguarda l’Italia, il programma di stabilità prevede una riduzione marginale del rapporto disavanzo/Pil dal 5,4% nel 2009 al 5% del Pil nel 2010, e un ulteriore calo sotto il 3% entro il 2012. L’elevato rapporto debito/Pil dovrebbe invece raggiungere un massimo del 117% del Pil nel 2010 e poi scendere al di sotto del 115% del Pil nel 2012. I due parametri, sottolinea però la Commissione europea, potrebbero essere superiori agli obiettivi fissati «considerando le ipotesi macroeconomiche favorevoli alla base del programma, la mancanza di specifiche misure di sostegno all’ulteriore risanamento nel 2011-2012 e la possibilità di eccedenze di spesa». Le raccomandazioni rivolte all’Italia riguardano la strategia di bilancio per correggere il disavanzo eccessivo e ridurre il debito e l’attuazione della riforma di bilancio e delle norme sul federalismo fiscale.

Tra gli altri maggiori Paesi dell’Ue sotto osservazione, la Germania (con un disavanzo delle amministrazioni pubbliche al 5,5% del Pil nel 2010) prevede l’inizio del risanamento di bilancio nel 2011 e una correzione del disavanzo eccessivo entro il 2013 (in linea con le raccomandazioni del Consiglio del dicembre 2009), tuttavia secondo la Commissione i risultati «potrebbero rivelarsi peggiori del previsto», tenuto conto della mancanza di misure specifiche di consolidamento dopo il 2010, della necessità di conciliare l’eventuale attuazione dei tagli fiscali annunciati con il risanamento di bilancio e del fatto che l’attuazione delle nuove regole di bilancio non è garantita a livello sub-federale.

In Francia il saldo delle amministrazioni pubbliche si è fortemente deteriorato nel 2009 e, secondo l’aggiornamento del programma, il disavanzo dovrebbe iniziare a scendere nel 2011 per raggiungere il 3% del Pil nel 2013, ma la Commissione ritiene questa ipotesi «piuttosto ottimista» perché tale strategia non lascia alcun margine di sicurezza nel caso gli sviluppi economici risultassero peggiori del previsto.

In Spagna, invece, dove il disavanzo ha superato l’11% del Pil nel 2009 e dove è in costante crescita il rapporto debito/Pil, l’intenzione è di attuare un considerevole risanamento fiscale a partire da quest’anno per ridurre il disavanzo pubblico al 3% del Pil entro il 2013, ma secondo la Commissione il percorso di aggiustamento post-2010 «avrebbe bisogno di essere ancora sostenuto con misure» perché «l’ipotesi macroeconomica favorevole dopo il 2010 potrebbe implicare un contributo più basso di crescita economica per il consolidamento fiscale rispetto a quanto previsto».

Bce: risanare i conti pubblici riformando la spesa

Anche la Banca centrale europea (Bce), nel suo bollettino mensile di marzo, ha chiesto ai Paesi della zona euro di risanare le finanze pubbliche «al più tardi nel 2011 e spingersi ben oltre il requisito minimo di correzione annua fissato nel Patto di stabilità e crescita allo 0,5% del Pil».

Secondo la Bce servono «interventi risoluti» soprattutto nei Paesi con alti livelli di disavanzo e debito, azioni che dovranno prevedere una «riforma della spesa pubblica»: dato il «brusco deterioramento» del rapporto spesa pubblica/Pil e la già elevata pressione fiscale, ha osservato la Bce, «la riforma della spesa dovrà avere un ruolo di primo paino» perché permetterà di ridurre il disavanzo, «si creeranno i presupposti per affrontare le pressioni previste sulla spesa derivanti dall’invecchiamento della popolazione e, nel tempo, si contribuirà a moderare l’onere fiscale e a sostenere la crescita potenziale».

La Banca centrale europea prevede poi per la zona euro una «crescita complessivamente moderata e destinata a procedere in modo discontinuo», in un contesto caratterizzato da «perdurante incertezza» soprattutto a causa della frenata di investimenti e consumi e per le «deboli prospettive del mercato del lavoro». La disoccupazione nell’area dell’euro potrebbe infatti continuare a crescere nei prossimi mesi, «seppure a un ritmo minore rispetto a quello osservato nel 2009».

Proposta una
tassa sulle operazioni finanziarie

Intanto, per coprire i costi della crisi, supportare l’economia reale e stabilizzare il sistema bancario, il Parlamento europeo ha sollecitato una posizione comune dell’Ue in ambito G20 riguardo a una tassa sulle operazioni finanziarie.

Secondo l’Europarlamento, l’Ue dovrebbe concordare una posizione comune nel G20 sulle modalità con cui «il settore finanziario potrebbe fornire un contributo equo e sostanziale alla copertura degli eventuali oneri da esso generati per l’economia reale o che sono associati agli interventi governativi finalizzati a stabilizzare il sistema bancario».

La Commissione europea è quindi stata invitata dal Parlamento europeo a considerare attentamente vantaggi e svantaggi di una simile tassazione, valutando anche le esperienze passate in materia – «soprattutto in termini di evasione fiscale e migrazione di capitali» – e il loro impatto sui singoli investitori e sulle piccole e medie imprese. Devono essere valutate attentamente anche le conseguenze dell’introduzione di una simile tassa nella sola Unione europea, rispetto a una sua introduzione a livello globale e alla situazione attuale.

L’Europarlamento ritiene inoltre che la Commissione dovrebbe analizzare il potenziale di generare entrate sostanziali rispetto ad altre fonti di gettito fiscale, i costi di riscossione e la distribuzione dei ricavi tra i Paesi, quantificando l’aumento dei costi di transazione in tutti i mercati potenzialmente interessati. Ritiene anche necessario concepire la tassa sulle operazioni finanziarie in modo da attenuare gli effetti collaterali negativi, solitamente associati alle imposte indirette sulla raccolta di capitali. La tassa, inoltre, dovrebbe «contribuire alla stabilizzazione dei mercati finanziari» e prevenire una futura crisi finanziaria prendendo di mira alcuni tipi di operazioni «indesiderabili».

INFORMAZIONI:

http://ec.europa.eu/economy_finance

http://www.ecb.int/ecb/html/index.it.html

http://www.europarl.europa.eu

Lascia un commento