Europarlamento: un nuovo approccio alle migrazioni

Devono essere affrontate le cause e garantiti i bisogni umanitari dei migranti

L’assistenza e la cooperazione internazionale dell’Ue devono essere mirate allo sviluppo e alla crescita nei Paesi terzi e a ridurne la povertà, non a incentivare la riammissione dei migranti irregolari o dissuadere con la coercizione le persone dal mettersi in viaggio, oppure fermare i flussi diretti in Europa. È quanto affermato dal Parlamento europeo in una risoluzione sul ruolo dell’azione esterna dell’Ue nel far fronte ai movimenti di rifugiati e migranti, adottata il 5 aprile a Strasburgo.

Importanti e opportune, in controtendenza rispetto ad un approccio negativo verso le migrazioni sempre più diffuso a livello europeo, alcune considerazioni contenute nella risoluzione. Ad esempio che il milione di persone che ha raggiunto l’Ue nel 2015 rappresentava solo lo 0,2% della popolazione dell’Ue, rispetto alle percentuali molto più elevate (fino al 20%) registrate nei Paesi vicini a quelli di partenza o nella stessa Europa negli anni Novanta. Poi, osserva l’Europarlamento, i rifugiati, gli sfollati interni e i migranti rappresentano categorie giuridicamente distinte, ma «spesso si tratta di movimenti misti su vasta scala a causa di una serie di implicazioni politiche, economiche, sociali, di sviluppo, umanitarie e di diritti umani che vanno oltre i confini». La dignità umana di tutte le persone coinvolte in tali movimenti «deve essere al centro di tutte le politiche europee in materia», i rifugiati e i richiedenti asilo «devono sempre essere trattati conformemente al proprio status».

Colpiscono inoltre alcune affermazioni ormai sempre più rare da parte delle istituzioni europee. Su tutte che «è opportuno non ricorrere alla distinzione giuridica tra rifugiati e migranti per indicare che la migrazione per motivi economici o per la ricerca di una vita migliore sia meno legittima rispetto alla fuga dalle persecuzioni». Poi che «l’aumento della mobilità umana, se gestita in maniera sicura, ordinata, regolare, responsabile e preventiva può mitigare l’esposizione dei migranti e dei rifugiati ai pericoli, apportare notevoli benefici ai Paesi d’accoglienza e ai migranti, nonché costituire un importante fattore di crescita per i Paesi, compresa l’Ue». E ancora che l’Ue «deve offrire soluzioni praticabili, tra cui il ricorso a lavoratori stranieri, per anticipare il crescente invecchiamento in Europa».

L’Europarlamento ritiene che la risposta dell’Ue al fenomeno si sia «eccessivamente concentrata sul breve termine e sulla riduzione o l’arresto dei movimenti», che tale approccio a breve termine non affronti «né le cause dello sfollamento forzato e della migrazione né i bisogni umanitari dei migranti» e che siano necessari da parte dell’Ue «strumenti di gestione delle crisi e di prevenzione dei conflitti», principale causa delle migrazioni forzate.

Serve una governance multilaterale

Sulla base di tutte queste considerazioni, l’Europarlamento avanza alcune richieste:

un «regime di governance multilaterale» per la migrazione internazionale, fondato sulla cooperazione;

una più stretta cooperazione tra l’Ue, gli organismi specializzati delle Nazioni Unite, le banche multilaterali di sviluppo, organizzazioni regionali e altri attori;

la creazione di una vera e propria politica comune europea in materia di migrazione incentrata sui diritti umani e basata sul principio di solidarietà tra gli Stati membri;

il coinvolgimento del Parlamento nella creazione e nell’implementazione del Quadro di partenariato e i relativi “migration compact” che l’Ue sta attualmente negoziando con Paesi terzi come Giordania e Libano: gli eurodeputati condannano la mancanza di trasparenza su questi accordi, che finora non sono stati dibattuti prima dell’adozione;

assistenza e cooperazione non devono essere condizionate alla collaborazione dei Paesi terzi nel contrasto delle migrazioni.

Richieste d’asilo raddoppiate in due anni nell’Ue

Intanto Eurostat ha pubblicato i dati relativi alle domande d’asilo presentate nel 2016 negli Stati membri dell’Ue: 1.204.300 persone hanno chiesto protezione internazionale nell’Ue, un numero leggermente in calo rispetto al 1.257.000 del 2015, ma più che raddoppiato dal 2014 (562.700). Siriani (334.800 richiedenti), afgani (183.000) e iracheni (127.000) hanno rappresentato nel 2016 quasi la metà del totale dei richiedenti protezione ai Paesi dell’Ue, richieste che sono giunte soprattutto a Germania (722.300 domande, circa il 60% di tutte quelle presentate nell’Ue), Italia (121.200, o 10%), Francia (76.000, pari al 6%), Grecia (49.900, o 4%), Austria (39.900, o 3%) e Regno Unito (38.300 o 3%). Alla fine del 2016 erano ancora in fase di esame da parte delle autorità nazionali competenti 1.094.100 richieste di protezione internazionale negli Stati membri dell’Ue, oltre 600.000 (55% del totale Ue) in Germania, quasi 100.000 (9%) in Italia, 83.000 (8%) in Svezia e 77.400 (7%) in Austria.

Mediterraneo: meno arrivi ma più vittime

L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha invece reso noto i dati sulle migrazioni nel Mediterraneo nei primi tre mesi di quest’anno. Il flusso di migranti dalle coste africane a quelle dell’Ue ha coinvolto 29.369 persone e registrato 663 vittime. Hanno attraversato il Mediterraneo Centrale arrivando sulle coste italiane 24.513 migranti, con una stima di 602 morti o dispersi; sulla rotta orientale che porta in Grecia i migranti sono stati 3.856 e 14 i morti; la rotta occidentale verso la Spagna ha invece registrato 1.000 arrivi e 47 morti. Nello stesso periodo del 2016 gli arrivi sulle coste dell’Ue erano stati ben 172.089, con 749 vittime, ma 152.137 erano giunti in Grecia mentre nel primo trimestre 2017 sono stati solo 3.856 come conseguenza degli accordi tra Ue e Turchia. Nel raffronto tra i primi trimestri 2016 e 2017 colpisce l’incremento percentuale del numero di vittime, perché se il numero complessivo degli arrivi 2017 è stato circa un sesto di quello del 2016, l’incidenza delle vittime sul totale degli arrivi è stata del 2% a fronte di uno 0,4% dell’anno precedente.